Vincere le elezioni è una cosa, governare il Paese è ben altro paio di maniche. Appellarsi al proprio programma politico-elettorale è una cosa. Farlo condividere dalla coalizione, tradurlo in leggi e farle passare in Parlamento è un?altra. In Italia il pluralismo dei valori e delle politiche è al limite dell?anarchia. Si è detto che il sistema elettorale proporzionale alimentava la frammentazione e, perciò, si è passati al sistema maggioritario più o meno corretto o temperato. Quattro elezioni generali hanno registrato coalizioni eterogenee e raccogliticce, alias, dei cartelli elettorali. Non potevano e non hanno promosso una comune visione della politica interna ed internazionale in un mondo globalizzato che pure la richiederebbe. Gli italiani per storia e cultura sono individualisti, frazionisti, attenti al loro interesse particolare, disattenti alle grandi questioni della politica internazionale e all?etica pubblica in generale.
Basta citare quello che è avvenuto negli ultimi anni nella politica, negli affari, nella finanza, nelle banche private, nella stessa Banca d?Italia, nello sport, nel sottobosco di tutti questi settori, del governo e del sottogoverno, per capire quale sconfinato deserto morale questo Paese sta attraversando. Se si vuole rimediare a tutto questo, è chiaro che non basta apportare qualche piccola modifica in senso maggioritario e/o proporzionale al sistema elettorale. Bisogna agire nel profondo della società civile, delle famiglie, nelle scuole, nelle università per promuovere una cultura del merito e della legalità. Bisogna lavorare ad una rigenerazione morale e culturale del Paese che possa portare ad un nucleo sufficiente di valori condivisi.
Ma torniamo alla politica estera. Il governo Prodi deve affrontare in Senato il voto sul rifinanziamento delle missioni di pace in diverse aree del globo. Partiti estremisti sedicenti pacifisti, dopo il ritiro dall?Iraq, chiedono il ritiro dall?Afghanistan e minacciano di votare contro o di astenersi in Senato dove il governo si regge su una maggioranza di pochi voti. Responsabilmente l?UDC ha deciso che voterà con la maggioranza e potrebbe compensare, all?occorrenza, i voti contrari degli estremisti di sinistra. Da diversi settori politici, alcuni gridano allo scandalo. A sinistra è avvertito il rischio che la maggioranza di Prodi si possa gradualmente sfilacciare sino a dissolversi. Ma se questo governo ha grandi aspirazioni e potenzialità in politica estera, non ha alternative: deve tener fermo il timone sulla UE, la NATO e l?ONU non solo come sono adesso ma come potrebbero diventare grazie anche all?iniziativa e al contributo dell?Italia.
Deve essere coerente con quanto dice in materia di art. 138 della Costituzione e di statuto dell?opposizione. Dice: mai più riforme costituzionali a colpi di maggioranza. e per impedirle alcuni autorevoli esponenti della maggioranza si dicono disposti a modificare l?art. 138 togliendo la possibilità di voto a maggioranza assoluta, irrigidendo ulteriormente le procedure di revisione costituzionale. Si obbligherebbero così le maggioranze a tenere conto delle posizioni dell?opposizione. In altre parole, si darebbe all?opposizione un potere di veto. Se la stessa logica deve valere per tutte le politiche sensibili (politica estera appunto, politica dell?integrazione europea, lotta alla criminalità, alla corruzione, leggi che incidono sui diritti e le libertà fondamentali
dei cittadini, le linee fondamentali della politica economica e delle leggi finanziarie, ecc.), è chiaro che chi propone la modifica dell?art. 138 e lo statuto dell?opposizione nel senso sopradetto, ossia, nel senso di prevedere veri e propri poteri di veto all?opposizione, sta proponendo in realtà il temperamento della logica brutale del maggioritario, secondo cui chi vince governa e chi perde si oppone.
Come se i valori e le politiche dovessero essere necessariamente, sempre e comunque, contrapposti. Nessun Paese avanzato, nessun sistema complesso può essere governato bene se viene adottata la logica brutale del maggioritario, del vincitore che prende e cambia tutto. Tutti devono capire che una cosa è il momento elettorale dove può prevalere la competizione più dura e le varie posizioni a volte vengono artatamente differenziate, ed un?altra cosa è governare il Paese, l?economia, le relazioni industriali dove deve prevalere la cooperazione anche con l?opposizione. Ci sono dei vincoli cogenti che valgono per chiunque stia al governo se si vogliono perseguire gli interessi generali, se si vogliono risanare i conti pubblici, se si vuole arrestare e rovesciare il declino, se si vogliono rispettare i patti e gli impegni internazionali, se si vuole giocare un ruolo costruttivo nella politica planetaria.
I poteri di veto si possono scrivere anche nella Costituzione o in leggi ordinamentali rafforzate ma se ci si crede veramente, se si condivide l?approccio cooperativo, questo si può praticare da subito. L?attività legislativa e di governo presenta diverse occasioni ogni giorno. Negli Stati Uniti c?è la separazione netta dei poteri in particolare tra legislativo ed esecutivo. Il Presidente può mettere il veto sulle leggi di iniziativa del Congresso e questi può non approvare quelle di iniziativa del Presidente. Le due Camere del Congresso possono avere maggioranze diverse tra di loro e con quella che elegge il Presidente. Da 220 anni circa a questa parte sulle grandi questioni di politica interna ed internazionali, con le dovute eccezioni, le decisioni sono promosse ed assunte con metodo bipartisan, alias, con il concorso dei moderati e progressisti dei due principali partiti.
Gli Stati Uniti sono un grande paese. E l?Italia?
Ma a parte la grandezza, l?Italia non è neanche un Paese normale. Qualcuno infatti dovrebbe spiegare perché sarebbe normale nella logica di un maggioritario ibrido che una maggioranza sia pure risicata possa essere ?ricattata? dal suo interno da un piccolo gruppo di estremisti, mentre sarebbe anomalo o addirittura scandaloso che i partiti moderati di centro ? seppure schierati in coalizioni diverse ? a fronte di comuni valutazioni e obiettivi votino insieme. E? questo il Paese normale, la democrazia governante che alcuni a parole vorrebbero?