Prima nel 1993 si è tolta la rendita catastale della prima casa dall’Irpef. Si accoglieva l’idea che non si poteva tassare un reddito figurativo. Poi si è abrogata a tappe l’ICI sulla I casa. L’On. Rutelli, politico di traballante cultura finanziaria, ebbe a dire che essendo la stragrande maggioranza delle famiglie proprietarie di casa, questa non poteva costituire capacità contributiva differenziale.

In piena fase di accelerazione della   globalizzazione siamo andati  contro la sua logica che vuole una tassazione maggiormente ancorata ai fattori fissi. E gli immobili sono tali per definizione. Ora si continua sulla stessa linea: quella di tirare fuori dall’Irpef anche le rendite della case affittate  con motivazioni risibili. Una tassazione secca al 20- 23% potrebbe incentivare l’adempimento. Ci si rifiuta di prendere atto che molti italiani continuano ad evadere semplicemente perché non funzionano i controlli – nonostante quello che racconta l’Agenzia delle entrate durante le vacanze. E i controlli non funzionano perché il governo non lo vuole assecondando lo scarso senso civico di molti italiani in cerca di favori. Si ha un bel dire che è difficile controllare la proprietà capillarmente diffusa sul territorio  e in possesso di milioni di famiglie. Ma abbiamo 450 mila uomini nelle forze dell’ordine e 8.103 Comuni e se non riusciamo a controllare le case fisse sul terreno  figuriamoci come possiamo controllare le persone che si spostano liberamente sul territorio! E infatti abbiamo la nostra  criminalità che dilaga al Nord come al Sud, in Italia, in Europa e nel mondo.

Oggi la tecnologia e l’informatica offre strumenti e opportunità mai viste prima. Essa è già a disposizione dell’amministrazione finanziaria ma sono convinto che non la si vuole utilizzare sul serio. Periodicamente ci dicono che esistono due milioni di edifici fantasma ma poi non si fa niente per individuarli e si prevedono incentivi per un improbabile adempimento volontario. Ci dicono che esistono tali e tanti comodati ed usufrutti finti da potere recuperare  un miliardo di euro di imposte. Ma se questi ultimi sono regolarmente registrati perché non si procede con i previsti controlli?

Tornando alla cedolare sugli affitti, tutti i calcoli fatti dalla Confedilizia, dalla CNA, dai commercialisti ed esperti dimostrano  che la cedolare secca avvantaggerebbe i possessori di case in affitto con redditi medio-superiori. Il governo imperterrito va avanti non curante delle critiche, anzi desideroso di assumere una misura che va a costituire un ennesimo regalo alle famiglie più ricche. Qualcuno ha giustamente osservato che detta operazione  aggraverebbe la sperequazione tra redditi di lavoro e rendite. È questa una novità? No. la ricchezza italiana non è formata all’80-85% da rendite immobiliari e finanziarie? E guai a toccarle!  Non è il momento giusto. Solo nel 1939, alla vigilia dell’ingresso in guerra, Mussolini adottò un’imposta patrimoniale ordinaria, su base reale e proporzionale. Nel 1947 essa fu riscattata con un lieve prelievo straordinario, in altre parole, abrogata. Tutti i successivi tentativi di discriminare appropriatamente tra redditi di lavoro dipendente e altri redditi sono via via falliti. Vedi il caso dell’Ilor (imposta locale sui redditi), dell’Invim (l’imposta comunale sugli incrementi di valore degli immobili), e quello dell’Irap ormai destinata a fare la stessa fine. Ora si va in direzione opposta.

Certo la globalizzazione e il regime di piena libertà dei movimenti di capitale costituisce un forte limite alla tassazione dei redditi di capitale. Ma alleggerire il carico anche sui redditi delle case in affitto delle famiglie più fortunate non ha alcun fondamento teorico né empirico. A me sembra palesemente incostituzionale.