Giovedì scorso il segretario generale dell’OCSE è venuto a Roma a presentare personalmente il Rapporto annuale sull’Italia. Il Corriere della Sera pubblica una foto grande di Gurrìa insieme all’ineffabile ministro del lavoro, alla ministra delle riforme istituzionali Boschi e al mef Padoan. Tutti raggianti di gioia anche Padoan normalmente alquanto triste. Il titolo a caratteri cubitali: L’OCSE approva le riforme: il PIL salirà. Ma è allarme sui giovani inattivi. Gurrìa: crescita aggiuntiva del 6% in 10 anni. L’Istat: per 2,5 milioni né studio né lavoro. Non ho ancora letto il Rapporto ma, a detta dei giornalisti, il Segretario Generale dell’OCSE , seduto stante, avrebbe corretto dallo 0,4 allo 0,6% la previsione di crescita del PIL 2015 adeguandosi a quanto fatto recentemente dalla Banca d’Italia che ha stimato gli effetti positivi dell’imprevisto calo del prezzo del petrolio e della svalutazione dell’euro. E’ in corso l’elaborazione del Documento di economia e finanza. Vedremo quali numeri ci somministrerà il governo. Il fatto è che l’OCSE nel 2013 aveva previsto un analogo aumento del PIL 2014 poi abbiamo avuto un calo della stessa cifra.
Prima di essere cooptato nel governo il nostro ministro dell’economia e delle finanze è stato per cinque anni primo economista dell’OCSE. Ha un rapporto cordiale con Gurrìa il quale, probabilmente, è sceso in campo per aiutare il collega in evidente difficoltà nella gestione non facile dell’economia italiana tuttora in fase depressiva, oppure, come mi sembra più probabile, è venuto a cercare un caso sbagliato per continuare a sostenere che le balzane ricette dell’OCSE funzionano.
Sono riforme fondate sulle c. d. best practises, ma sappiamo che le pratiche migliori che funzionano in uno Paese non è detto che funzionino in un altro Paese per via degli assetti istituzionali, le tradizioni, i comportamenti sociali, il ruolo del governo diversi. Certo in Italia non stanno funzionando ma tant’è. La colpa non sta nella qualità della politica proposta ma nel fatto che l’amara medicina non è stata assunta nel modo prescritto. L’OCSE non ha fatto parte della famigerata Troika che ha massacrato selvaggiamente la Grecia. Ma ha assicurato in questi decenni una copertura ideologica pseudo-teorica alle malefatte della Troika: FMI, BCE e Commissione europea. Mentre FMI e Commissione europea hanno fatto qualche piccolo ravvedimento, BCE e OCSE continuano imperterrite per la loro strada. Le ricette migliori sono quelle ampiamente studiate dall’OCSE e vanno applicate costi quel che costi.
Trovo singolare che proprio il SG Gurrìa venga in Italia a propalare gli effetti aggiuntivi sul PIL (6% in dieci anni) della nuova riforma del lavoro e nulla ci dica circa il tasso di crescita complessivo del PIL lungo lo stesso periodo. Inoltre l’OCSE ci viene a dire che il Jobs Act creerà 340 mila nuovi posti di lavoro in 5 anni ma non ci dice cosa succederà agli attuali 7 milioni di senza lavoro divisi a metà circa tra disoccupati veri e propri e scoraggiati (quelli che non cercano il lavoro perché hanno capito che non ce n’è). Inoltre viene da chiedersi se i 340 mila posti di lavoro di cui ha parlato Gurrìa includono o meno i 100 mila nuovi posti (già creati) su cui ha spensieratamente twittato il Presidente del Consiglio a fine gennaio. Già nel 2012, l’OCSE – quando c’era in forza PC Padoan – si era esercitata in analoghe previsioni a sostegno della riforma Monti-Fornero. Sono passati quasi tre anni ma di risultati positivi non ne abbiamo visto. Anche allora ci dicevano che i risultati si sarebbero visti in 4-5 anni e che occorreva pazientare. Anche ora la previsione dei 340 mila nuovi posti si svilupperebbe in 5 anni ma non mi pare che ci sia alcuno scaglionamento annuale. Meno che mai mensile come avviene ordinariamente negli Stati Uniti grazie anche alle elaborazioni della FED. Nella UE le previsioni si spostano sempre in avanti, tanto la gente comune non capisce. E in materia l’OCSE propala previsioni anche a 50 anni. Fra 40-50 anni ci vorranno non solo valenti economisti ma storici pignoli per verificare la correttezza delle previsioni dell’OCSE. Ecco perché mi sembra che l’OCSE che, nei decenni andati, aveva costruito una buona reputazione nelle analisi e nelle ricerche economiche, più recentemente si sia ridotta ad un’Agenzia di disinformazione e propaganda che spende non poche energie a sostegno di politiche economiche fallimentari. La prova più lampante di quanto affermo è quello che è successo proprio nei Paesi euro-mediterranei. Cito un caso solo. La Spagna avrebbe approvato e applicato una riforma del lavoro molto più seria di quella italiana: la disoccupazione in Spagna è ancora al 24% il doppio di quella italiana e della media eurozona. Quello che è successo in Italia lo testimonia più sobriamente il nostro Istat con dati di consuntivo purtroppo spietati e non con previsioni campate in aria.