L’odore eversivo della decisione dei Giudici di Karlsruhe.

Oggetto del ricorso davanti alla Corte di Karlsruhe è il PSPP (public sector purchase program) della BCE che, a giudizio dei ricorrenti, – per lo più economisti e cittadini di destra facenti capo alla AFD di cui il prof. di economia Bernd Lucke è stato fondatore e che poi si è ritirato non condividendo il crescente estremismo della sua creatura – violerebbe in diversi aspetti la Costituzione tedesca. Il PSPP è parte di un più ampio programma EAPP (expanded asset prurchase program) mirato a tenere il tasso di inflazione al di sotto ma vicino al 2%. Sulla base di detto programma sono stati effettuati acquisti di titoli del debito per 2.557,800 miliardi di euro. I ricorrenti sostengono che con tale misura è stato violato anche l’art. 123 del TFUE che vieta il finanziamento monetario dei bilanci pubblici dei paesi membri.

Già in premessa i giudici di Karlsruhe si mettono chiaramente in contrasto con la decisione della Corte di giustizia europea del 2018 che ha avallato la legittimità del Quantitative Easing a suo tempo attuato da Mario Draghi a partire dal gennaio 2015 sulla base dell’art. 5 del TUE (Trattato sull’Unione europea). Sostengono che la BCE è andata ultra vires nella misura e nella durata dell’operazione per cui se loro accettassero di non fare alcun serio scrutinio (review) dell’operazione, essi accetterebbero una modifica dei Trattati ed un allargamento illegittimo delle competenze dell’Unione. I giudici di Karlsruhe criticano esplicitamente quelli della Corte di giustizia europea perché si sono autoimposti un self restraint nel non valutare attentamente quello che ha fatto la BCE non per avere intrapreso un’operazione assolutamente vietata ma perché è andata oltre quello che era necessario per raggiungere l’obiettivo: la stabilità dei prezzi e quindi dell’euro.

Dico subito che a me sembra un’affermazione apodittica perché non c’è e non può esserci alcun controfattuale e perché erroneamente pensano che la politica monetaria possa essere dosata in quantità strettamente necessarie. In altri termini, non hanno idea dei leads and lags delle politiche monetarie e che l’efficacia di certe misure può essere verificata ex post perché intervengono fattori imprevisti ed imprevedibili.  

Assurdo, second me, che una Corte Costituzionale di un PM possa emettere una tale sentenza e, ancor peggio, che possa dare ordini a una istituzione sovranazionale come sostengono alcuni osservatori incompetenti. Anche i giudici di Karlsruhe hanno una visione non appropriata di come si può gestire la politica monetaria dell’Unione. Non si può prevedere tutto nello Statuto della BCE e meno che mai nei Trattati internazionali. Hanno la visione casistica del tutto previsto dalla legge. Non gli passa minimamente per la testa di cercare un precedente anche nella storia di altre Banche centrali.

I giudici di Karlsruhe criticano quelli europei del Lussemburgo perché si sarebbero autoimposti un self-restraint nel non valutare attentamente quello che ha fatto la BCE. Ribadiscono che questa è andata ultra vires, alias, non che l’operazione fosse del tutto illegittima ma è andata oltre quello che – a loro dire – era (strettamente) necessario per raggiungere il suo obiettivo. A me sembra anche questa sia un’affermazione apodittica perché non c’è controfattuale e, quindi, lascia il tempo che trova.

Per suddetti motivi i giudici di Karlsruhe non si ritengono vincolati dalla decisione dei giudici del Lussemburgo del dicembre 2018 (C-493/17 HeinrichWeiss). Ribadiscono che questi ultimi non hanno considerato tutti gli effetti redistributivi diretti e indiretti del QE del 2015-17 ed esplicitano il discorso sull’ampiezza dell’operazione attuata nel tempo. Ragionano come gli antichi farmacisti o l’avveniristica medicina di precisione che confezionavano e confezionerà medicine ad personam – anche se in un passaggio successivo – contradicendosi- devono ammettere che l’obiettivo dell’inflazione prefissato dalla BCE non è stato raggiunto. In particolare, sostengono che la BCE avrebbe potuto conseguire esiti migliori se avesse regolato le sue operazioni secondo le previsioni degli artt. 12 e segg. del Trattato del MES.

Gli effetti negativi del QE di Draghi secondo i giudici di Karlsruhe si sarebbero esplicati virtualmente su tutti i cittadini ma in particolare, elencano: possessori di azioni, affittuari e proprietari di beni reali, risparmiatori, titolari di polizze di assicurazione, ecc.. Per altro verso, ha consentito la sopravvivenza di imprese inefficienti grazie ai bassi tassi di interesse e, non ultimo, detta politica monetaria avrebbe compromesso la stessa autonomia e indipendenza della BCE perché le pressioni politiche dei PM non le consentirebbe di porre fine al QE. Vedremo più avanti come il giudizio non si limita al QE di Draghi ma a tutti i QE anche quello attualmente in atto. La sintesi della sentenza utilizzata nella Conferenza stampa  non dice nulla in merito alla nuova operazione Pandemic Emergency Purchase Program avviata quest’anno in risposta alla pandemia perché, come noto, l’argomento non poteva essere utilizzato nel ricorso presentato molto prima dell’arrivo della epidemia in Italia.

Nel parag. III i giudici di Karlsruhe dicono che, al momento, non sono in grado di giudicare se il governo federale tedesco e la Bundesbank abbiamo fatto abbastanza per mettere fine al QE di Draghi.

 Nel parag. IV tornano a criticare i giudici del Lussemburgo perché non avrebbero sottoposto a serio scrutinio il rispetto delle salvaguardie che erano state formulate nel giudizio Gauweiler. In fatto, le hanno ignorate ed affermano che la valutazione se il QE è andata in contrasto con l’art. 123 del TFUE deve essere fatta sulla base di criteri diversi: 1) adeguatezza del volume degli acquisti; 2) ampiezza dell’informazione offerta da parte dell’Eurosystem; 3) rispetto del limite del 33% di asset internazionali ISIN; 4) acquisti secondo la capital Key; 5) acquisti di bond che abbiano una soglia minima di sicurezza; 6) acquisti da ridurre o da fermare se non più necessari per raggiungere il target dell’inflazione. Si tratta ovviamente di indicazioni e/o domande alle quali deve rispondere il rapporto richiesto alla BCE attraverso la Bundesbank e su cui tornerò più avanti.

Nel paragrafo successivo, i giudici di Karlsruhe ammettono che non è accertabile se il PSPP violi l’art. 79 della Costituzione tedesca e/o le competenze e responsabilità della Bundesbank perché sembrano consapevoli che si tratta di una questione di misura menzionando i duemila miliardi dell’operazione e il risk sharing tra la BCE e le banche centrali dei PM dell’Eurosistema. Tuttavia chiamano in causa la responsabilità di bilancio della Bundesbank.   Evocano inoltre le responsabilità del governo federale e della Bundesbank collegate al processo di integrazione europea ed affermano che dette istituzioni hanno il dovere di agire contro il PSPP nella sua attuale versione. Non è un ordine ma poco ci manca se si tengono presenti le analisi che i giudici di Karlsruhe svolgono nelle seguenti tre considerazioni finali.

VI/1-2 In presenza di manifesto e strutturale esercizio di competenze non proprie, gli organi costituzionali (tedeschi) devono mettere in atto misure e passi per il rispetto delle competenze previste nell’agenda di integrazione europea. Nello specifico, questo significa che il governo federale e la Bundesbank devono chiedere che la BCE faccia un accertamento del rispetto del principio di proporzionalità per il PSPP iniziato il 1° gennaio 2019 e il suo rilancio deciso l’1-11-2019 invitando il governo federale e la Bundesbank a monitorare continuamente le decisioni dell’Eurosystem per assicurarsi che la BCE rispetti i limiti del suo mandato.

VI/3 i giudici di Karlsruhe “ordinano”, ammoniscono organi costituzionali, autorità amministrative, Tribunali  a non applicare, non eseguire e non attuare atti ultra vires. Concedono un periodo di tre mesi per il coordinamento con l’Eurosystem. Dopo la Bundesbank potrà non partecipare all’attuazione ed esecuzione delle decisioni della BCE a meno che nel frattempo questa dimostri in maniera “comprehensible and substantiated” che il PSPP rispetta la proporzionalità. Se no, la Bundesbank deve vendere i titoli nel frattempo acquistati. Se non è una minaccia di una improbabile secessione, poco ci manca. Ma resta basata sul nulla perché non c’è controfattuale per valutare attentamente la proporzionalità e non è competenza dei giudici costituzionali decidere della secessione. Giustamente Martin Sandbu nel Financial Times del 6 maggio u.s. ha definito questa decisione “una bomba sotto l’ordinamento dell’Unione europea”. Forse il commentatore inglese esagera ma se il Governo federale e la Bundesbank dovessero prendere sul serio i loro giudici costituzionali sarebbero guai per tutti e per il progetto europeo.  Da parte sua,  la Presidente della BCE Lagarde  ha dichiarato oggi 7 maggio che andrà avanti indisturbata – posizione che condivido pienamente.

Prima di esprimere alcune mie osservazioni e considerazioni finali voglio dichiarare che io sono stato e resto favorevole al c.d scrutinio giudiziario delle leggi dello Stato vuoi centralizzato o federale. Ma, in questo caso, i giudici di Karlsruhe probabilmente non si rendono conto che le autorità di politica economica all’interno delle quali riconduco le autorità di politica monetaria, oltre le leggi formali, e le procedure di bilancio devono rispettare le leggi economiche non scritte – o elaborate solo nei migliori manuali universitari di analisi e politica economica –  e che nelle Costituzioni, nei Trattati internazionali e/o intergovernativi non si può prevedere l’imprevedibile per cui, non di rado, dette autorità devono assumersi delle responsabilità che non trovano riscontro esplicito nelle leggi e negli statuti delle istituzioni che governano. Forse i giudici di Karlsruhe non si rendono conto che le ricette di politica economica, monetaria, finanziaria, in ultima analisi, dipendono in quantità variabili dai comportamenti variabili e non del tutto prevedibili degli operatori (famiglie, imprese, amministrazioni pubbliche) non solo nazionali e/o comunitari ma anche internazionali.

Ai Giudici di Karlsruhe sembra sfuggire che il PSPP e/o QE sono strumenti macroeconomici come lo sono gli obiettivi che perseguono con l’immissione di liquidità nel sistema, mantenendo l’inflazione al disotto di una certa soglia, senza compromettere il tasso di cambio dell’euro, cercando di sostenere la domanda aggregata, il tasso di crescita, a livello dell’economia dell’eurozona, ecc. In questi termini, non regge la loro affermazione secondo cui la BCE avrebbe potuto conseguire esiti migliori seguendo le procedure di assistenza finanziaria a Stati che rischiano di perdere l’accesso ai mercati finanziari sulla base di un Memorandum di intesa con il quale le parti contraenti concordano le misure specifiche di aggiustamento macroeconomico che il singolo stato deve assumere. Non è elegante, ma vale la pena ricordare le conseguenze disastrose che le prescrizioni che il MES anteriforma impose alla Grecia che aveva perso l’accesso ai mercati finanziari: il rifiuto di un taglio del debito pubblico e la perdita di un quarto del PIL pur di proteggere i bilanci delle banche francesi, inglesi e tedesche. Se questo è vero, è chiaro che la proporzionalità e/o adeguatezza di strumenti macroeconomici come la politica monetaria espansiva va verificata in itinere ed ex post non solo sul volume e la durata ma anche sulla efficacia immediata e nel tempo.

Inoltre, vale la pena ricordare, in tutta sintesi, che con l’annuncio del luglio 2012, Draghi salvò l’euro e la stabilità valutaria dell’eurozona ma non la crescita armonica dell’economia europea. Con la sua credibilità e determinazione convinse gli speculatori che non era il caso di attaccare il debito pubblico di alcuni PM ingigantito dai salvataggi delle banche. Allora non era arrivato il QE ma c’erano le stringenti regole del PSC 2011 con annessi e connessi regolamenti e c’era il Fiscal Compact. Se l’obiettivo allora fosse stato il sostegno della crescita e dei livelli occupazionali la politica monetaria da sola non avrebbe potuto conseguirli e, infatti, non li ha conseguiti neanche dopo l’arrivo del QE del 2015. Questo per dire ai giudici di Karlsruhe che la valutazione della proporzionalità in materia di politica economica e monetaria non è così semplice da conseguire e non bastano i criteri da loro prescritti. Ma non basta e non è un paradosso. Posso sostenere che se l’ossessione della Germania prima e dopo l’introduzione della moneta comune è stata sempre la stabilità dei prezzi e dell’euro questi obiettivi sono stati ampiamente conseguiti dalla BCE e dal PSC del 2011. Se l’inflazione è stata bel al disotto del mitico 2%, gli effetti negativi sui risparmiatori discendono dai tassi di interesse negativi o prossimi allo zero del Bund tedesco che è diventato il termine di riferimento nella Yardstick competion tra i titoli del debito pubblico dei PM dell’eurozona. Ma i tedeschi non possono volere il massimo di stabilità finanziaria dell’euro e allo stesso tempo lamentarsi se i loro tassi di interesse scendono attorno allo zero perché molti risparmiatori di altri PM comprano i titoli del loro debito pubblico. Bisogna pure ricordare loro che, in tutti questi anni, hanno accumulato ingenti avanzi nella loro bilancia commerciale – così violando anche loro le regole fiscali europee. Quando si usano strumenti macroeconomici per obiettivi macro ci sono sempre degli effetti collaterali non desiderabili e i giudici di Karlsruhe farebbero bene a considerare quelli prodotti dalle politiche di austerità imposte ai PM periferici la cui convergenza con le regioni centrali si allontana vieppiù all’orizzonte minando la sostenibilità del progetto europeo così come ora gestito. Certo i giudici di Karlsruhe possono sempre nascondersi dietro al fatto che loro hanno risposto alle domande che non conosciamo dei ricorrenti ma una simile risposta sarebbe opportunistica e non nasconde l’odore eversivo delle loro intimazioni alla Corte di giustizia europea, al governo federale e al Parlamento tedesco che ritengono di valorizzare.

1 commento
  1. Carlo Giannone
    Carlo Giannone dice:

    Del tutto d’accordo sull’inadeguatezza correttezza dell’intervento della Corte di Karlsruhe. Nondimeno, le illazioni circa le presunte irregolarità della Banca Centrale Europa – invero l’unica istituzione federale dell’U(m)e – hanno origine dal modello prescelto in origine di un sistema europe di banche centrali con un solo obiettivo, cioè quello della stabilità del tasso di cambio, che nel sistema federale tedesco ha storia consolidata. È, in effetti, uno dei principali peccati originali della costruzione europea, monca dello strumento fiscale autonomo effettivo dei paesi membri, e della stessa Ue, che si assomma al mancato ruolo di coordinamento e a sistemi di sussidi intergovernativi, presenti nella Costituzione di paesi di reale assetto federale, come il Canada. Ma lo si ignora, volutamente.

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