Vertice inconcludenti? Usiamo il potere che c’è: quello della BCE.
Piano anti-spread fumoso e vago? Facciamo ora e subito qualcosa di concreto.
Dopo tre consecutive cadute libere delle borse europee e mondiali, la settimana corsa si decide di usare le armi disponibili della BCE.
Ma la BCE deve fare i conti con il suo maggiore azionista la Bundes Bank (la BUBA), interprete autentica dell’opinione pubblica tedesca, che resta isolata solo se la politica lo consente. E così la leadership tedesca, trovata l’intesa minima con la Francia, cerca di arginare le spinte nazionalistiche che permeano anche altre istituzioni della Germania.
Fin qui abbiamo un breve discorso di Draghi ad un Convegno di banchieri internazionali a Londra. Ma l’indomani arriva l’avallo franco-tedesco. Sembra che qualcosa si stia muovendo sul serio.
Vedremo quello che si deciderà nella riunione del Consiglio di amministrazione della BCE il 2 agosto p.v. ma intanto arriva in Europa il segretario del Tesoro USA per cercare di vincere le ultime resistenze tedesche. Geithner intende spingere affinché gli europei facciano qualcosa di concreto per coniugare crescita e stabilizzazione dei tassi – un nodo ancora più difficile da sciogliere senza un bilancio comunitario di adeguate dimensioni. Gli americani hanno fretta. A novembre si vota per l’elezione del Presidente e intanto il secondo trimestre 2012 fa registrare un flessione della crescita del PIL USA 1,5% rispetto al 2% medio del primo trimestre, ma un po’ meglio della previsione di 1,3%.
Sembra una vera svolta anche se essa contraddice in grossa parte le conclusioni del Vertice del 28-29 giugno. Una possibile spiegazione è quella che con questa mossa si voglia aggirare una possibile bocciatura da parte della Corte di Karlsruhe della nuova missione del piano salva banche prima ancora che di quello anti-spread. Questa nuova missione del Fondo salva-Stati è di vitale importanza e va da se che non interessa solo le banche spagnole ma interessa in prospettiva anche quelle tedesche, francesi e inglesi. Il vero malato dell’Unione è il sistema bancario non l’euro. Si era proposto di fare intervenire la BCE come agente della BCE ma era una mera finzione giuridica se non una farsa. L’ipotesi di intervento diretto della BCE è la risposta o piano B rispetto all’atteggiamento discutibile di Karlsruhe.
Il nuovo piano è double face. Da un lato costringerebbe i politici a svolgere la loro funzione e ad assumersi le loro responsabilità, eviterebbe il ruolo di supplenza della Corte costituzionale, dall’altro non assoggetterebbe i futuri sviluppi del progetto europeo al vaglio preventivo e successivo di Karlsruhe. Se vaglio di costituzionalità deve esserci esso non può essere che quello della Corte di giustizia europea rispetto al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Dopo il discorso di Draghi le borse hanno reagito positivamente con aumenti per tre giorni consecutivi che hanno recuperato in grossa parte le perdite precedenti. Ma al di là di questi segnali che cosa può fare direttamente la BCE? Ha certamente più strumenti del Fondo salva-stati ma non può fare tutto. Non ha neanche i poteri della FED. La BCE può fare tante cose ed alcune le ha già fatte. Tra dicembre e gennaio scorsi ha fatto un’operazione di quantitative easing per oltre 1000 miliardi e ha ridotto il tasso di sconto dall’ 1 allo 0,75%. Se ora il problema più urgente è quello di salvare le banche spagnole dal fallimento, che cosa può fare la BCE?
Draghi ha detto che può fare molto e quanto basta ma subito dopo deve riconoscere che il mercato interbancario a livello europeo non funziona per niente e funziona poco a livello interno dei singoli paesi. Quello finanziario è segmentato e questo non aiuta anzi consente e sostiene i differenziali ne tassi di interesse. Evidentemente non c’è più fiducia e cooperazione tra le banche e questo complica la situazione. Viene da chiedersi: se le banche non cooperano tra loro, come fanno i risparmiatori a fidarsi delle banche? Un bel dilemma, ma per fortuna c’è l’assicurazione dei depositi che ora si vuole generalizzare a livello europeo.
Draghi non può intervenire direttamente per salvare le banche spagnole. Può farlo attraverso il fondo salva-Stati dotandolo della licenza bancaria e di risorse in teoria illimitate. Ecco perché in un modo o nell’altro si ritorna alla questione degli eurobond e/o di bond nazionali come quelli che Tremonti rese disponibili per le banche italiane nel novembre 2008. La differenza è che le banche se ne avvalsero in misura minima mentre le quantità necessarie per le banche spagnole (100 miliardi) provocherebbero un grande balzo nel debito pubblico spagnolo. Perciò serve l’intervento diretto della BCE che può avvenire solo nel mercato secondario ma se tale intervento deve avvenire in quantità sufficiente, la misura sarebbe equivalente ad una mutualizzazione del debito spagnolo e, su questo, finora pende in primis il dissenso del governo tedesco oltre che la ratifica del fiscal compact, la condizionalità, e la sentenza di Karlsruhe.
Senza parlare del piano per la crescita che interessa Geithner , è già una difficile partita a scacchi. Aspettiamo la prima mossa di Draghi.