Robert B. Reich, Come salvare il capitalismo, Fazi Editore, Roma, 2015.
Nel 2010 – scrive Reich – l’1% più ricco degli statunitensi possedeva il 35% del valore delle azioni in mani americane sia direttamente sia indirettamente attraverso i fondi pensione. Il 10% più ricco ne possedeva più dell’80%.
Dall’altra parte, c’è una fetta crescente di lavoratori attivi che diventano sempre più poveri. C’è una minoranza di ricchi che non lavorano e che diventano sempre più ricchi. Secondo il mantra prevalente, la classe media e i lavoratori poveri meritano quel poco che ottengono perché sono scarsamente produttivi mentre i super ricchi sono tali perché sono altamente efficienti. Ogni giorno i media ci propalano questo falso mito della meritocrazia, ossia, l’idea secondo cui tu guadagni quello che meriti e i ricchi sono tali perché sanno meglio come guadagnarsi la loro ricchezza. In questo libro, Reich smonta due credenze che i manipolatori dell’opinione pubblica inculcano nella mente della gente comune, non di rado, non in grado di valutare criticamente il discorso sulla meritocrazia e sul funzionamento del mercato. In buona sostanza rubano loro l’anima.
Andando per ordine, Reich elenca i cinque pilastri del capitalismo: 1) la proprietà privata; 2) il grado di monopolio e/o di potere nel mercato che imprese , banche, e intermediari finanziari si conquistano non solo nel mercato economico ma, in primo luogo, in quello politico; 3) i contratti – non di rado leonini – che vengono stipulati dalle parti contraenti in ossequio formale al principio della libertà di contratto; 4) le procedure fallimentari che arrivano tardi quando le residue risorse sono state fatte sparire ; 5) l’enforcement e/o l’applicazione parziale e/o discriminata della legge da parte di agenzie governative dotate di risorse materiali e insufficienti. Sono significativi al riguardo della lotta all’evasione fiscale il caso dello IRS (Internal Revenue Service) negli Stati Uniti citato da Reich e – aggiungo io – quello della nostra Agenzia delle entrate in Italia che negli ultimi dieci anni ha perso ben diecimila dipendenti e il governo non li ha sostituiti.
Tutto questo accade per effetto di leggi elaborate e scritte dai nostri legislatori o per la mancata adozione di provvedimenti amministrativi da parte dei governi.
Prendiamo la proprietà privata. Per giustificare i limiti al diritto di successione che nei millenni ha alterato la c.d. lotteria sociale, ha scritto John Stuart Mill, uno dei massimi pensatori liberali del XIX secolo, che Dio aveva dato la terra a tutti e non ad alcuni uomini. Ma tutti sappiamo come è andata a finire. Se ne sono appropriati solo alcuni e questi se la trasmettono “legittimamente” in tutto o in parte. Di conseguenza, non c’è mai stata uguaglianza dei punti di partenza e, tantomeno, quella dei punti di arrivo. Se poi per motivi che vedremo fra un po’, si riduce o si blocca del tutto la mobilità sociale , la concentrazione della ricchezza arriva a livelli socialmente insostenibili .
Come può accadere tutto questo? La tesi fondamentale di Reich – che io condivido – è che questo succede quando la democrazia non funziona e questa va in stallo quando la regolazione del mercato è fatta in modo da favorire la minoranza più ricca a danno della stragrande maggioranza dei cittadini: rendimenti crescenti ai proprietari del capitale fisso e rendimenti decrescenti per la grande maggioranza dei lavoratori che vivono di stipendio in stipendio, di salario in salario sempre più basso in termini di potere d’acquisto. Aumentano quindi le diseguaglianze perché non funziona la democrazia. Anche la classe media si è impoverita perché è stato indebolito il suo potere contrattuale. Per dimostrare questa tesi Reich riprende : a) le tesi di Walter Lippmann (1922) sul funzionamento reale della democrazia e l’irrilevanza dell’opinione del cittadino medio che non si interessa agli affari politici e, quindi, non si fa un’opinione precisa su di essi. Sul punto vedi la mia recensione di Ilia Somyn che approfondisce il tema analizzando le statistiche secolari sui sondaggi di opinione e su i risultati elettorali negli Stati Uniti http://enzorusso2020.blog.tiscali.it/2014/07/24/e-compatibile-la-democrazia-con-lignoranza-politica/
Reich cita anche il Trattato di David Truman (1951) sul ruolo dei gruppi di interesse organizzati (GIO) negli USA come funzionavano nel trentennio successivo alla fine della seconda Guerra Mondiale e che superava la critica aprioristica nei confronti delle c.d. lobby. In realtà queste che comprendono anche i sindacati dei lavoratori e le altre organizzazioni professionali svolgono un ruolo fondamentale per il buon funzionamento della rappresentanza che non si può esaurire nella elezione del deputato, del senatore e del Presidente o del primo ministro. Diventa quindi rilevante il pluralismo, la disciplina e la trasparenza del gioco politico di questi GIO che vengono a costituire strutture essenziali, accanto ai partiti, del c.d. mercato politico e/o corpi intermedi della società civile come li chiamiamo noi.
Non ultimo, Reich riprende la tesi di Robert Dahl, espressa nella Prefazione alla sua teoria democratica (1956), sull’effettivo funzionamento della democrazia secondo cui, al di là dell’uguaglianza formale, è necessaria anche una certa dotazione di risorse politiche in testa a ciascun cittadino. Ora la ricchezza materiale aumenta la capacità di influenzare le decisioni politiche e questa , a sua volta, porta all’aumento della ricchezza e, così via, in una spirale che può portare ad una distorsione molto grave del gioco democratico e a forme di involuzione tecnocratiche ed autoritarie più o meno soft.
In un breve excursus storico, Reich cita l’inizio del declino del potere contrattuale dei sindacati dei lavoratori innescato in Europa da Margaret Tatcher e in America da Ronald Reagan tra la fine degli anni ’70 e l’inizio di quelli ’80. Da allora prendono piede anche in Italia governi e leader politici decisionisti che propongono riforme costituzionali a favore di un’assunta democrazia governante e, parallelamente, promuovono il declino dell’influenza dei c.d. corpi intermedi e delle stesse organizzazioni collaterali agli stessi partiti politici – alcune delle quali avevano anche demeritato.
Al loro posto si sviluppano altri GIO, le porte girevoli e – da ultimo – la liberalizzazione dei finanziamenti ai partiti politici e ai singoli uomini politici grazie ad alcune sentenze della Corte Suprema e di altri tribunali federali che statuiscono che le persone giuridiche hanno gli stessi diritti delle persone fisiche a promuovere le proprie idee e interessi politici . Precedono o seguono le privatizzazioni senza reali liberalizzazioni, le esternalizzazioni senza uno straccio di analisi costi e benefici che dimostrasse i maggiori benefici per gli utenti e tutte le altre misure per ridisegnare e restringere il perimetro dello dell’intervento dello Stato nell’economia. In molti casi, si è trattato e si tratta di colossali frodi ideologiche perché in realtà quello che avviene non è un effettivo ritiro dell’operatore pubblico dall’economia ma il cambiamento del metodo di intervento. Meno spesa pubblica e meno tasse e più manipolazione distorta delle regole che disciplinano il funzionamento del mercato. Tutte operazioni che hanno consentito quella che possiamo chiamare la grande rapina. Dal 1979 a oggi – scrive Reich – la produttività è aumentata del 65% ma il salario medio è cresciuto solo dell’8%. Lo spread medio tra il salario medio e i compensi dei manager che negli anni ’50 del secolo scorso si aggirava attorno a venti, oggi supera le trecento volte di più. Allora c’erano quelli che Lippmann definì i manager statisti, oggi ci sono i manager rapaci (i raider) che, a loro dire, meritano quello che guadagnano perché producono valore per gli azionisti. C’è stato anche in America la neutralizzazione dei c.d. contrappesi e/o delle misure anche legislative con le quali un legislatore saggio riequilibra le forze economiche e politiche che svolgono il loro ruolo alternativamente e/o simultaneamente nel mercato economico e in quello politico. Non puoi mettere in competizione la 500 Fiat con la Ferrari, una barca che ha dieci mq di vela con una che ne ha 150, una regione ricca con una povera. Servono dei meccanismi compensativi delle diverse dotazioni di forze, di capacità fiscali, ecc.. Per questi motivi Reich chiede appunto il ripristino di questi contrappesi con il taglio dei finanziamenti elettorali, il divieto delle c.d. porte girevoli tra Wall Street e posti nel governo e/o in alte cariche amministrative, la trasparenza nei finanziamenti a think tank, esperti, consulenti e anche ai docenti universitari che, non di rado, sono dietro e animano, direttamente o indirettamente, campagne politiche c.d. indipendenti o producono pareri pro-veritate per questa o quella causa, per questo o per quel prodotto.
Ma c’è un’altra minaccia globale alla democrazia ed è l’avvento dei robot che già distruggono molti posti di lavoro ma che – secondo Reich – ne potrebbero distruggere una quantità molto ma molto più grande. Uno degli esempi emblematici citati da Reich (275) è quello di Instagram e Kodak : quando nel 2012 il sito di condivisione delle foto, fu acquisito fa Facebook per un miliardo di dollari, aveva solo 13 dipendenti e 30 milioni di utenti. Questo qualche mese prima che Kodak presentasse istanza di fallimento e, al suo apice, aveva 145 mila dipendenti. Più in generale, Reich cita ancora il caso delle quattro maggiori corporation che nel 1964 capitalizzavano 180 miliardi di dollari (2011) e impiegavano 430 mila persone. “47 anni dopo, le più grandi società americane erano quotate ognuna circa il doppio delle vecchie controparti, ma portavano avanti le proprie attività con meno di un quarto dei dipendenti”.
Anche per questo motivo, bisogna cominciare a pensare a nuove regole per assicurare una più equa distribuzione primaria della ricchezza prodotta. La prima riguarda la durata dei brevetti. Le royalties sono necessarie per incentivare la ricerca privata ma il loro livello e la loro durata possono essere determinati in modo da non creare ricchezze private spropositate. Ciò si può fare facendo in modo che nel momento in cui gli incentivi non sono più necessari, la proprietà intellettuale possa tornare nel dominio pubblico e avvantaggiare tutta la società. La seconda riforma riguarda il diritto di trasmettere agli eredi tutta o quasi la ricchezza prodotta nel ciclo vitale alterando in maniera irreparabile il principio dell’uguaglianza dei punti di partenza. Naturalmente ci sono altre proposte come un reddito minimo garantito per tutti su cui non ci soffermiamo qui per ragioni di spazio.
Reich cita dati di Peter Barnes secondo cui “interessi, dividendi , plusvalenze ed eredità rappresentano un dollaro su tre del reddito ricevuto dagli americani, e per la quasi totalità vanno all’1% più ricco” . Ci sono, poi, scappatoie fiscali per cui le plusvalenze maturate su case, azioni e titoli, gioielli, quadri, oggetti di antiquariato, terreni che possono essere trasmessi agli eredi senza essere sottoposte a tassazione. Anche queste sono regole definite non dai meccanismi automatici del mercato ma dai legislatori e possono essere riviste.
“Negli ultimi 30 anni – scrive Reich – le regole sono state dettate dalle grandi corporation, da Wall Street e dai super ricchi per incanalare verso di sé un’ampia fetta del reddito e della ricchezza totali del Paese”. Se questo trend dovesse continuare alla fine si impadronirebbero di tutto il potere politico e sarebbe la fine della democrazia. “La nuova sfida non investe la tecnologia o l’economia: è una sfida per la democrazia. Il dibattito cruciale del futuro non riguarda le dimensioni del governo. La scelta chiave non è tra il ‘libero mercato’ e il governo, ma tra un mercato organizzato a favore di una prosperità ampiamente diffusa e uno che punta a consegnare quasi tutti i guadagni a pochi individui in alto. Il punto non è quanto togliere ai ricchi tramite le tasse per ridistribuirlo a chi ricco non è, ma come concepire le regole del mercato affinché l’economia generi ciò che la maggior parte delle persone consideri di per sé un’equa distribuzione, senza la necessità di ampie ridistribuzioni a posteriori”.
Reich è nonostante tutto ottimista sulla base dei precedenti storici. Ogni volta che il sistema si era portato al limite della rottura, gli americani hanno saputo riformarlo.