Premesso che nutro grande stima e ammirazione per il valoroso collega Tullio De Mauro, devo dire , controcorrente, che non condivido la sua frase molto citata da che su Twitter ha voluto ricordarlo velocemente. Si tratta di due frasi di sicuro effetto ma discutibile e sono sicuro che per meglio onorarlo i colleghi analizzeranno il suo lavoro scientifico. La prima è: “la democrazia vive se c’è un buon livello di cultura diffusa. Se questo non c’è , le istituzioni democratiche sono forme vuote”. La seconda dice: “Una classe dirigente male alfabetizzata , quindi non aggiornata, è la rovina di un paese, molto più di un crollo della Borsa”. Concordo in pieno con la seconda anche se sopravvaluta il ruolo della Borsa, ma non con la prima. Circa questa, è ovvio che un popolo non libero dai bisogni materiali fondamentali quali l’alimentazione, l’abitazione, l’abbigliamento, la mobilità e l’istruzione di base non ha tempo e voglia di occuparsi di politica. Se questi sono i problemi più importanti da risolvere, non c’è tempo per occuparsi della democrazia e dell’azione collettiva che essa richiede. La formazione culturale viene dopo ma non è scontato che basti elevare la cultura media della gente per migliorare il funzionamento della democrazia. Serve la cultura politica che è cultura che è a un tempo cultura e generale e specialistica. Secondo Ilya Somin (2013), che ha utilizzato un secolo di rilevanti statistiche USA, la democrazia americana non è migliorata rispetto ad un secolo fa parallelamente al sicuro e comprovato miglioramento dell’istruzione generale degli americani. Nello specifico si tratta di distinguere tra istruzione generale anche superiore e varie culture. Uno può avere un’ottima istruzione anche universitaria e non necessariamente vuole coltivare la sua cultura politica o musicale. Infatti negli USA, rimane molto elevata (attorno al 50%) l’astensione dal voto e molta gente vota senza conoscere bene i programmi e i candidati che i partiti propongono.
Con riguardo al nostro Paese, si può dimostrare con dati alla mano che la democrazia funzioni meglio rispetto a sessanta anni fa quando una parte non secondaria dell’elettorato non capiva bene l’italiano vuoi perché non lo aveva mai studiato o perché era analfabeta di ritorno – come ha dimostrato De Mauro anche per generazioni più recenti?
Secondo Ilya Somin 2013 – vedi la recensione del suo libro del 2013 nel mio post del 24 luglio 2014 – al di là della cultura generale, il vero problema sta nell’ignoranza degli affari politici oggi quanto mai complessi e difficili da capire se non si hanno competenze specifiche in materie molto diverse e, non ultimo, in materia di comunicazione pubblica. Tanto che lo stesso Autore arriva a chiedersi se la democrazia sia compatibile con l’ignoranza degli affari politici. La conoscenza di questi ultimi non è strettamente correlata ad un livello medio della cultura generale. Per fare un esempio di grande attualità per noi italiani, quanti capiscono fino in fondo il ruolo che diversi sistemi elettorali giocano nell’attuare l’effettiva rappresentatività e rappresentanza necessaria in una democrazia di massa?