L’ex Presidente Napolitano ha detto che in un paese civile si va a votare alla scadenza naturale della legislatura. Dalla stampa filogovernativa la inopportuna presa di posizione è stata propalata con grande enfasi. Senonché si dà il fatto che questa sia una delle legislature più screditate della storia della Repubblica che ha visto altri scioglimenti anticipati in situazioni anche più critiche di quelle attuali nel 1972 e nel 1976 nella fase finale del Centro-sinistra.
In primo luogo, la legislatura è screditata perché, fatte le lezioni nel 2013, nel gennaio 2014 arrivava la sentenza della Corte costituzionale che dichiarava parzialmente illegittimo il sistema elettorale. Fatto senza precedenti che avrebbe dovuto portare con urgenza ad un nuovo sistema elettorale approvato a stragrande maggioranza e a elezioni anticipate. Sappiamo che non è andata così e che l’Italicum è stato approvato nel 2015 a colpi di stretta maggioranza supportati dal voto di fiducia. Anche l’Italicum è stato recentemente dichiarato parzialmente incostituzionale.
In secondo luogo, la legislatura è screditata perché lo stesso Napolitano ha ripetutamente violato la prassi parlamentare nominando in pratica due governi del Presidente Letta e Renzi – quest’ultimo un ex sindaco neanche eletto in Parlamento, imponendo così una forte torsione presidenzialista al nostro sistema istituzionale.
In terzo luogo, i governi di questa legislatura non solo non hanno saputo risolvere i due principali problemi del Paese: la crescita economica e la riduzione della disoccupazione ma il governo Renzi ha perso, a furore di popolo, il referendum sulla riforma costituzionale infondatamente presentata come una delle riforme fondamentali per rendere più efficiente il sistema istituzionale.
In una Repubblica parlamentare, è normale che quando non c’è una maggioranza di governo, a prescindere dalla scadenza della legislatura, e/o quando il governo perde un referendum così importante come quello del 4 dicembre 2016 il governo si dimetta e si vada alle elezioni politiche. Ma c’era pendente il giudizio sulla legge elettorale approvata con ripetuti voti di fiducia dallo stesso governo. Ma questo evidentemente è ritenuto irrilevante per i poteri forti di questa Repubblica. Un governo pur che sia.
Non ultimo c’è un motivo contingente per cui sarebbe quanto mai opportuno andare a votare prima dell’Estate una volta approvate alcune integrazioni al sistema elettorale uscito dopo la sentenza del 25 gennaio – sempre che si trovi una maggioranza qualificata per farlo. Nel 2017 si vota in Francia e in Germania. In Francia si sono già svolte le primarie. In Germania si voterà a settembre. Sarebbe una occasione storica quella di coordinare le elezioni nei tre più grossi paesi membri dell’Unione europea. Per via di queste elezioni il processo decisionale europeo rimarrà pressoché bloccato per tutto l’anno. Sarà un anno perso per il processo di integrazione europea e per il Consiglio europeo formato inopportunamente dai governi dei Paesi membri.
C’è grande incertezza non solo per la situazione politica in Italia ma anche per quella francese e non ultimo per quella tedesca dove non è scontata una maggioranza assoluta per nessuno dei principali partiti e, probabilmente, dovranno ricorrere alle larghe intese per formare il nuovo governo. Dei tre paesi il più debole è proprio l’Italia. Rinviare le elezioni al 2018, a mio giudizio, sarebbe una decisione irresponsabile a fronte dell’ascesa dei partiti xenofobi e anti-euro. Nel 2017 scade il periodo sperimentale del Fiscal Compact che così come attuato fin qui non consente di sostenere sul serio la crescita dei paesi euromed. Si fronteggiano due posizioni: quella tedesca che vorrebbe calarlo tale e quale nel sistema dei Trattati europei e quella di altri che vorrebbero modifiche significative. Non si sa quale sia esattamente la posizione del nostro paese. PQM, a mio giudizio, l’Italia ha bisogno di un governo pienamente legittimato da un nuovo mandato popolare e con un preciso programma di politica economica, un governo che possa discutere alla pari con i governi che usciranno dalle elezioni francesi e tedesche.
Le elezioni politiche producono incertezza e lo spread tra il BTP e il Bund ha ripreso a crescere. I risultati sul terreno dell’economia, come abbiamo detto, sopra sono fortemente deludenti. Il FMI ha già rivisto al ribasso le previsioni relative al 2017. Nella consueta visita ispettiva del luglio scorso la stessa agenzia ha scritto che, ai tassi di crescita previsti nel DEF dell’anno scorso, l’economia italiana dovrà attendere il 2025 prima di recuperare i livelli di reddito del 2007. Sono questi i problemi di fondo che non vengono discussi e non lo 0,2 di manovra aggiuntiva che ci chiede la Commissione europea. Queste sono noccioline. Il buon Gentiloni fin qui ha detto correttamente che lui andrà avanti finché il Parlamento lo sosterrà, non ha preso una posizione sul Fiscal Compact e, in piena continuità con il suo predecessore, insiste a chieder altri margini di flessibilità.
Renzi scalpita per rientrare nel gioco politico di vertice e chiede elezioni al più presto. Altri nel suo stesso partito temono un collasso elettorale del Partito democratico e la conseguente vittoria del M5S – l’unica forza politica che sia pure con metodi non convenzionali riesce a mantenere una certa compattezza. Data la frantumazione delle forze di destra e gli obiettivi non convergenti che esse portano avanti è alto il rischio che dalle elezioni esca una situazione analoga a quella spagnola. Ma attendere non risolve niente, meno che mai il rinvio aiuterebbe a risolvere i problemi economici che, ormai da circa sette anni attendono una svolta radicale nella politica economica e finanziaria da giocare a Bruxelles. PQM la proposta di Napolitano è irricevibile.