Dallo sbraco di Renzi alla rottamazione degli strumenti più importanti della lotta all’evasione. Dopo gli SDS è il turno del redditometro e/o degli accertamenti sintetici.
A leggere l’ultimo Rendiconto generale della Corte dei Conti (CdC) sull’attività dell’Agenzia delle Entrate (AdE) nel 2016 si ha la conferma della “netta riduzione dell’attività di controllo basata sull’accertamento sintetico, sugli studi di settore e sulle indagini finanziarie, fenomeno quest’ultimo che conferma il progressivo indebolimento dell’attività di controllo fiscale, anche alla luce dell’enorme potenziale informativo assicurato dall’anagrafe dei rapporti finanziari”. Come noto, detta banca dati fu fatta approvare dal governo Monti e riguarda tutti i contribuenti ivi inclusi lavoratori dipendenti e pensionati come se l’evasione fiscale fosse perpetrata massicciamente anche da queste ultime due categorie.
Come si spiega questa caduta dell’attività di controllo sostanziale da parte dell’ADE? Si spiega con il cambio di strategia nella lotta all’evasione. Il governo è passato dalla lotta all’evasione all’incentivazione della compliance (adesione, adempimento), ossia, all’incentivo all’adempimento (non spontaneo ma comprato). Ma agendo in questo modo non si crea una nuova etica della responsabilità sociale ma un comportamento opportunistico da parte dei contribuenti che ne usufruiscono. Non si adempie un dovere, un obbligo ai sensi dell’art. 53 della Costituzione ma si fa mercimonio delle indulgenze. Si fa baratto del credito erariale e non si promuove la virtù civica. Si discrimina ingiustamente tra quanti sottoposti a ritenuta alla fonte pagano il dovuto e quanti (lavoratori autonomi e imprenditori, ecc.) hanno il controllo di alcune variabili importanti che concorrono alla formazione della base imponibile.
Se poi aggiungiamo i condoni e/o le voluntary disclosures, la rottamazione delle cartelle, dei ricorsi in essere e la riduzione del personale è comprensibile che l’AdE non può assolvere ai nuovi compiti senza sacrificare l’ordinaria attività di controllo. Si spiega così il passaggio dagli accertamenti sintetici alle “lettere di cortesia” con le quali si segnalano ai contribuenti alcune irregolarità ed anomalie che commettono nella redazione delle loro dichiarazioni. I primi richiedono indagini complesse e una particolare interlocuzione con il contribuente. Non di rado manca il tempo per svolgere bene le une e l’altra. Invece le letterine, da sole, inducono i destinatari al ravvedimento operoso, ma – osserva la CdC – “relativa risulta essere l’efficacia delle comunicazioni inviate in rapporto agli introiti conseguiti (403.755 comunicazioni complessive e 128,6 milioni di introiti a titolo di ravvedimento indotto)”. Con un recupero medio di 318 euro ci vorrebbero circa mille anni per recuperare l’attuale evasione. Ma non basta, la CdC avverte che “questo strumento dovrebbe in prospettiva ridimensionarsi al crescere delle informazioni e dei dati considerati in sede di precompilazione delle dichiarazioni”.
Non ultimo, la CdC aggiunge che diminuisce “il numero delle comunicazioni di irregolarità emesse nel 2016 a seguito delle procedure di liquidazione automatizzata delle imposte emergenti dalle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA, passato da 6,6 milioni di comunicazioni a 5,9 milioni (-10,3 per cento), mentre aumenta l’introito complessivo derivante da tale attività, che raggiunge gli 8.013 milioni, con un incremento di 1.121 milioni rispetto al 2015 (+16,3 per cento). Ciò conferma il rilievo che ha assunto il fenomeno del mancato versamento delle imposte dichiarate (IVA, ritenute, imposte proprie), divenuto ormai una inconsueta forma di finanziamento delle attività economiche e, in alcuni casi, una modalità di arricchimento illecito”.
C’è qualcosa che non funziona nella fase dell’accertamento e in quella della riscossione se le strutture specializzate non riescono a riscuotere neanche le imposte dichiarate. Vedremo se con l’accorpamento della riscossione (Equitalia) e dell’AdE si potrà porre qualche rimedio a questo grave problema.
Dulcis in fundo, scrive la CdC che “i pur limitati dati che è stato possibile acquisire relativamente ai procedimenti penali tributari mettono in luce, dopo le modifiche recate alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 74 del 2000, dai decreti legislativi n. 128 del 5 agosto 2015 e n. 156 del 24 settembre 2015, una notevole riduzione delle notizie di reato segnalate alle procure penali già dagli ultimi mesi del 2015 e, in misura ancora maggiore, nel corso del 2016”. Quindi al di là di qualche caso sporadico di arresto di qualche callido evasore, gli altri possono continuare ad operare tranquilli nella loro attività di pianificazione fiscale mirata a comprimere al massimo le imposte da pagare all’Erario.
La CdC cita ancora una riduzione del personale del 6,6% negli ultimi 6 anni; una flessione dei controlli sostanziali con una sensibile riduzione della maggiore imposta accertata (-10.7%) e risultati finanziari (-17,2%) rispetto al 2015. Trovo questi dati veramente impressionanti e per me sono il risultato di questo continuo insensato cambio di strategia che abbiamo visto sopra. Ne emerge un quadro desolante secondo cui lavoratori autonomi, piccoli artigiani e imprenditori, alcuni professionisti rischiano un controllo ogni 33 anni. A ogni ricerca annuale l’evasione viene confermata nell’odine dei 7-8 punti di PIL mentre le stime del tax gap da parte dell’AdE – si noti l’elegante termine inglese – viene valutato prudentemente o benevolmente attorno ai 94 miliardi – all’ingrosso un paio di punti di PIL in meno.
Intanto continua la giostra dei rimedi alle nomine illegittime nelle Agenzie ora unificate quelle delle entrate e della riscossione. Tutti i governi dell’ultimo quarto di secolo hanno voluto le Agenzie per poter fare nomine a go go di persone di loro fiducia. Personalmente sono stato sempre contrario alle agenzie perché l’autonomia gestionale non è sinonimo di buon andamento ed imparzialità come prevede l’art. 97 della Costituzione. Né la deroga alla selezione dei dipendenti e soprattutto dirigenti per concorso pubblico sembra aver fatto bene allo svolgimento dei loro compiti. Le strutture finanziarie di un paese industriale e fortemente terziarizzato sono complesse e difficili da capire e governare per nominati provenienti dalla società civile. Ne risulta una gestione fortemente politicizzata della funzione di controllo fiscale che è esattamente l’opposto di quello che prescrive la Costituzione.
Se poi uno considera la qualità della legislazione e le continue modifiche che il governo promuove ci si rende conto che anche i migliori esperti e le stesse strutture tecniche sono in continuo affanno prima per capire l’esatta portata delle nuove leggi e poi per emanare le circolari applicative.
E su questo terreno purtroppo c’è continuità tra i governi di centro-destra e quelli di centro-sinistra. Si cerca di attuare la delega fiscale a suo tempo voluta da Tremonti-Berlusconi e portata avanti dagli ultimi tre governi del Presidente. Si conferma la tesi secondo cui condoni, sconti fiscali e sbrachi vari vengono spacciati come esigenza di assicurare la certezza del diritto in primo luogo agli investitori esteri. Ma se questi devono ancora arrivare, a chi servono i condoni e le agevolazioni fiscali? A certi contribuenti nostrani. E risibili sono i continui annunci ed evocazioni di semplificazione degli adempimenti e della legislazione. Se le società moderne sono complesse e si moltiplicano le forme con cui si può organizzare l’attività produttiva e distributiva e le fattispecie contrattuali che le regolano, è chiaro che, nella migliore delle ipotesi, quello che si può sperare e fare è evitare le complicazioni inutili. E se non è cambiato niente in termini di dati macro ciò significa che i cambiamenti nell’assetto organizzativo non hanno inciso sui risultati.
Non sarebbe corretto non menzionare che l’AdE dall’anno scorso punta tutto sulla fatturazione elettronica ma sembra sfuggire all’Agenzia che in un paese dove dilaga l’evasione, erosione, l’elusione, un sommerso enorme, contraffazione di prodotti griffati, corruzione ed estorsione, una criminalità organizzata di livello mondiale vale quello che vale per i computer garbage in/garbage out: monnezza dentro monnezza fuori. Potrà essere solo un colpo di fortuna accorgersi via computer che una fattura elettronica è falsa e la Guardia di finanza può spiegare bene quanto siano difficili questi controlli, si richiedono accessi presso le imprese collocate ovunque e, quindi, un difficile e lento coordinamento sovranazionale. Personalmente nel passato avevo riposto una certa fiducia nella moneta elettronica ufficiale ma ora sta prendendo piede anche la moneta elettronica privata che allo stato risulta del tutto incontrollata. Se uno pensa poi che la Banca centrale europea non riesce a controllare la contraffazione delle proprie banconote e che l’Italia ha un primato anche in questo settore, figuriamoci come potrà controllare le transazioni finanziate con la bitcoin. Ne deduco che quella dell’AdE – e del governo che l’avalla o la impone – di puntare su un solo strumento di contrasto all’evasione sia una strategia alquanto stupida se non assunta in mala fede. E se, a ben riflettere, non si è visto da nessuna parte una burocrazia seria e responsabile che rinunci spontaneamente ai suoi poteri/strumenti più incisivi, allora delle due l’una: o c’è la responsabilità diretta del governo o abbiamo delle strutture amministrative fortemente deresponsabilizzate.