C’è qualcosa di marcio nel nostro sistema sanzionatorio penale, civile e amministrativo se l’ex Sindaco marziano di Roma Ignazio Marino si becca in appello due anni di galera per avere utilizzato in maniera disinvolta la carta di credito del Campidoglio e, dall’altro lato, in forza del d. lgs. N. 158/2015 che riforma i reati penali tributari un’analoga pena in teoria viene comminata ad evasori fiscali che superano soglie di punibilità a dir poco spropositate tenuto conto della struttura produttiva del nostro paese, della presenza necessitata di molti lavoratori autonomi e del sovraffollamento dei ruoli di certe professioni liberali.
Vediamo solo due esempi: l’art. 10-bis del suddetto decreto legislativo approvato su ampia delega data al governo dal Parlamento: “È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.
Secondo il novellato art. 10-ter “è punito con la reclusione dai sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 250 mila (dicesi: duecentocinquantamila) per ciascun periodo di imposta”. Il linguaggio volutamente involuto è quello del legislatore delegato.
Entro quelle soglie che, a mio giudizio, sono abnormi gli evasori se la cavano con una sanzione amministrativa e/o pena pecuniaria.
Queste sono solo due delle norme della legge n. 516 del 7-08-1982 c.d. manette agli evasori – una legge approvata nel secolo scorso quando per un breve periodo sembrò che le forze politiche di maggioranza volessero fare sul serio la lotta all’evasione. Ma i tempi cambiarono e, già con la riforma dei reati penali tributari, portata a termine dal Ministro V. Visco nel 2000 con il d. lgs. N. 74 e nel 2015 da Renzi con il d. Lgs. N. 158, gli evasori fiscali possono dormire sonni tranquilli. Nessuno cercherà di portarli al gabbio.
Ma l’ex Sindaco di Roma non è un evasore fiscale e, quindi, qualche mente giuridica raffinata come quelle che hanno scritto e riscritto manette agli evasori, le leggi sul falso in bilancio, quelle sulle procedure fallimentari, ecc. potrebbe obiettare che i reati sono diversi. E sicuramente troverebbero molti argomenti per sostenere la tesi. Da economista ragiono un po’ rozzamente in termini di delitti e castighi, tra gravità del delitto e graduazione delle pena. Non sto difendendo Marino e ritengo che, in entrambi i casi, c’è un danno erariale da quantificare con la massima precisione. E se così, allora qualcuno dovrebbe spiegarmi dove sta il principio di proporzionalità tra reato e pena, tra le malefatte di Marino e quelle degli evasori fiscali? Di sicuro, secondo me, c’è un mancato coordinamento legislativo.
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