Analogie e divergenze tra Italia e Germania.

A fronte del rallentamento dell’economia tedesca nel secondo trimestre (-0,1), prima di Ferragosto, i maggiori esponenti del governo tedesco assunsero l’atteggiamento keep cool rimani calmo; non c’è bisogno di provvedimenti straordinari per tenere l’economia tedesca sui binari della crescita. Dopo pochi giorni, secondo rivelazioni dello Spiegel – vedi corrispondenza da Francoforte di Isabella Bufacchi Il Sole 24 Ore del 17 agosto – la Cancelliera Merkel e il ministro delle finanze Scholz sarebbero disposti a passare all’azione sempre che il terzo e quarto trimestre confermino l’entrata in recessione tecnica dell’economia tedesca.    Secondo gli economisti di Citigroup (gruppo di consulenti finanziari che studiano i mercati globali) “la Germania rischia di diventare un’altra volta il malato d’Europa” – aggiungo io: non da solo ma in buona compagnia dell’Italia la cui economia, come noto, è fortemente interdipendente da quella tedesca. Ricordo che l’interscambio commerciale tra Italia e Germania ammonta a oltre 126 miliardi di euro.

Nonostante che permanga l’ossessione tedesca di non aumentare il debito pubblico, la Bufacchi scrive di rinuncia del ministro delle finanze all’obiettivo di ridurlo al disotto della fatidica soglia del 60% prevista dal Trattato di Maastricht. Riferisce che il ministro SPD del lavoro Heil sta approntando incentivi per le imprese in difficoltà e una riduzione dell’orario di lavoro per i lavoratori a tempo pieno che, come noto, in occasione della I e II recessione (2009 e 2012) ha funzionato bene evitando massicci licenziamenti.

 Ma la vera novità è quella relativa ad una stima dei fabbisogni di risorse finanziarie necessarie per colmare i deficit infrastrutturali ai diversi livelli di governo locale, statale (Laender) federale riguardanti strade, scuole, edilizia pubblica e popolare, impianti idrici, trasporti, digitalizzazione dell’economia, banda larga, intelligenza artificiale, istruzione e formazione permanente, ricerca e sviluppo, ecc.. Si stima il fabbisogno in 450-500 miliardi di euro in un decennio, in media 45-50 miliardi all’anno, somma tra il 2-3% del PIL tedesco ritenuta adeguata per imprimere una spinta idonea a far riprendere la crescita tedesca.

È interessante riflettere su queste proposte perché l’economia italiana si trova in una situazione analoga e, per certi versi, notevolmente peggiore (vedi bassa produttività del sistema produttivo nel suo insieme, deficit infrastrutturali e situazione dell’istruzione ai vari livelli). Le analogie e le differenze evocano una impostazione espansiva delle politiche economiche non solo in Germania e in Italia ma anche a livello generale europeo. E’ chiaro che se la Commissione europea riconoscesse tale esigenza di coordinamento, l’Italia avrebbe maggiori probabilità di far passare anche la sua politica anticiclica. Di questi problemi economici e finanziari non sento una forte eco nel dibattito asfittico sulle proposte di politica economica che dovrebbero essere alla base della legge finanziaria 2020 e/o addirittura di un eventuale accordo di legislatura tra i 5S e il PD. I “grandi” leader politici italiani preferiscono discutere di riduzione del numero dei parlamentari, di flat tax, di tassa c.d. piatta che tale non è, e di riduzione generalizzata delle tasse ovviamente senza mai menzionare i servizi pubblici da tagliare e, quindi, ingannando gli elettori.

Enzorus22020@gmail.com

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