Le bombe di Londra (7.07) hanno oscurato l?interesse per il Congresso della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL) che si svolgeva della stessa settimana. Savino Pezzotta ha svolto il 5 luglio una interessante relazione introduttiva che vale la pena di riprendere in alcuni punti molto interessanti.
Riferendosi alle riforme costituzionali del governo ha detto che il modello bipolare ha funzionato male. Ha assicurato la stabilità (durata) del governo ma non la governabilità del paese e tanto meno dell?economia. Ha valorizzato le minoranze estreme specialmente quelle che non hanno remore a ricorrere al ricatto per fare valere le proprie posizioni.

Chi scrive è da tempo convinto che l?Italia non può essere ben governata con un sistema bipolare fortemente competitivo specie se c?è una polarizzazione eccessiva ed artificiosa delle posizioni e la competizione politica viene condotta senza un minimo di fair play, senza un dialogo sereno con l?opposizione e le parti sociali. A questo ultimo riguardo, vale la pena ricordare che CISL ed UIL nel 2002 firmarono con il governo e le organizzazioni dei datori di lavoro un Patto per lo sviluppo chiaramente fallito. Pezzotta non rinuncia al dialogo e rilancia un confronto pre-elettorale con questo governo, con i partiti della maggioranza e con quelli della opposizione.

Come noto, l?Italia è in pieno declino. Negli ultimi quattro anni la crescita economica è rimasta ben al disotto dell?1% e il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria (DPEF) in discussione in questi giorni conferma la crescita zero per il 2005. Il governo sostiene che le cause del declino vengono da lontano. In parte è vero ma è fuori discussione che 4-5 anni sono tanti. Non nel breve ma nel medio termine questo governo non è stato capace di arrestare il declino e rovesciare la tendenza. Se così, ci deve essere qualcosa di sbagliato nella strategia di politica economica e finanziaria del governo. A mio giudizio, semplificando non ha funzionato la annunciata strategia di riduzione della pressione fiscale senza una preventiva riduzione della spesa pubblica. Ieri davanti alle Commissioni finanze e tesoro riunite per analizzare il DPEF, il Ministro dell?economia e delle finanze ha sostenuto che la spesa pubblica è un mostro indomabile. Siniscalco ed il suo predecessore restano sostenitori di un approccio c.d. supply side unilaterale che non ha funzionato. Ossia, loro pensano che basti ridurre le aliquote marginali dei contribuenti più ricchi perché questi siano indotti a aumentare lo sforzo di lavoro e creare così nuova ricchezza. E? possibile che nel lungo termine una simile strategia possa funzionare a certe condizioni. Ma se alle riduzioni limitate delle aliquote dell?imposta sulle persone fisiche e giuridiche per esigenze di bilancio e di rispetto del Patto di Stabilità e Crescita si accompagnano riduzione degli investimenti pubblici, ecco che nel breve e medio termine la strategia non funziona. Ritengo quindi che un forte incremento degli investimenti pubblici sia lo strumento necessario per cercare di riavviare il processo di crescita economica. Questo governo ha approvato la c.d. legge obiettivo di semplificazione e riorganizzazione delle procedure ma non è riuscito a rilanciare neanche gli investimenti pubblici. Finora Berlusconi ha inaugurato l?inizio di alcuni lavori pubblici ma mai uno del tutto compiuto.

Tornando alle riforme, nella sua relazione Pezzotta ha stigmatizzato l?eccesso di riforme messe in cantiere da questo governo. Riferendosi a quella della scuola, ad esempio, ha detto: ?non è possibile che ogni governo abbia una sua riforma della scuola. Alla fine non avremo più una scuola?. Parole sante. Parafrasando, posso dire che lo stesso vale per la riforma costituzionale. Non è possibile che ogni governo abbia una sua riforma della Costituzione perché alla fine non avremo più una Costituzione accettata da tutti.

Fosse solo per questo la relazione Pezzotta resta molto interessante, stimolante e problematica. Un preciso segnale che anche le grandi organizzazioni dei lavoratori mostrano consapevolezza della rilevanza delle riforme costituzionali. Questo è molto importante per le sorti della democrazia italiana di cui le grandi organizzazioni sindacali costituiscono un sicuro baluardo. Basti pensare che la CISL insieme alla CGIL e alla UIL rappresentano all?incirca 12 milioni di iscritti e che tutti i partiti insieme si aggirano sul milione. I partiti politici sono ormai un fenomento mediatico. Si caratterizzano come oligarchie centralistiche che controllano tutto il mercato politico nazionale, elargendo i collegi a questo e a quel canditato a volte senza alcuna conoscenza delle situazioni locali. Per contro, proprio per la loro struttura organizzativa articolata in federazioni di categoria quindi coordinate dalle Confederazioni, per la loro naturale diffusione e radicamento sul territorio i sindacati dei lavoratori rappresentano la venatura fondamentale della democrazia del Paese. Per esperienza e convincimento personale, ritengo che i sindacati consentano maggiore partecipazione di quanto ne consentano i partiti attuali non di rado permeati da leaderismi e personalismi.

Riforme costituzionali, sistema bipolare e riforma del sistema elettorale sono strettamente connesse. L’altro ieri c?è stato un incontro tra Berlusconi e Casini proprio sull?argomento della riforma elettorale in senso proporzionale. La prossima conferenza dei capigruppo della Camera dovrebbe mettere in calendario la discussione della riforma. Un argomento certo controverso su cui si registra già una netta presa di posizione del Presidente dei DS D?Alema secondo cui non si fanno riforme elettorali in vista delle elezioni ma solo all?inizio della legislatura. Personalmente non ritengo l?argomento convincente atteso che chi ha appena vinto le elezioni non ha alcun interesse a cambiare il meccanismo elettorale che gli ha assicurato la vittoria. La posizione ovviamente cambia quando la coalizione governante prevede una sua sconfitta e magari parte di essa pensa di abbandonare al proprio destino alcune sue parti per restare al governo o pensa di potere contenere le perdite.

Le riforme elettorali nel nostro sistema non hanno un diretto rilievo costituzionale nel senso che non vanno disciplinate con leggi costituzionali ma ordinarie. E? evidente tuttavia la loro diretta connessione con la forma di governo ed il meccanismo dell?alternanza. E? evidente quindi che anche la modifica delle leggi elettorali come quella della Costituzione dovrebbero essere varate con un accordo bipartisan. Tutte le forze politiche dovrebbero tenere conto non solo dell?immediato interesse ma di quello di lungo termine. Le regole elettorali sono regole del gioco democratico. Se scritte bene, in democrazia, non dovrebbero modificare i risultati elettorali. Questi dipendono in primo luogo dai comportamenti degli elettori. La coalizione di Centro-sinistra, probabile vincitrice delle prossime elezioni politiche, dovrebbe dare un forte segnale di maturità e dimostrare anche essa preventivamente se punta alla governabilità del Paese o alla conquista del potere e basta. Sull?argomento riforme elettorali ci sono schieramenti trasversali a favore delle due ipotesi (conservazione dell?attuale sistema oppure una sua ragionevole modifica). Tutti dovrebbero serenamente valutare la performance del sistema bipolare in questi dieci anni di sperimentazione. Io ritengo che non ha funzionato bene. Se il giudizio maggioritario all?interno del Centro-sinistra fosse lo stesso perché rifiutarsi ad un confronto ed eventualmente ad un?intesa con la maggioranza e rinviare la decisione. L?esigenza fondamentale di assicurare la governabilità del Paese e dell?economia è di oggi. Va affrontata ora e se non ora quando?