La campagna elettorale , come noto, si è svolta su molti temi fiscali. Questi si prestano alla demagogia delle riduzioni generalizzate delle tasse come se la spesa potesse essere finanziata solo con l?indebitamento. Prodi ha cercato di essere più prudente ma, a momenti, perdeva le elezioni.

Uno dei temi caldi è stato quello della riduzione del c.d. cuneo fiscale, ossia, di quelle imposte che servono a finanziare la spesa sociale, che i datori di lavoro percepiscono come costo del lavoro. Sull?argomento Prodi si è sbilanciato molto e ha promesso 5 punti di sgravio. Berlusconi, come conoscitore della materia, ha accusato l?avversario di demagogia.

Ormai il governo Prodi è nel pieno dei suoi poteri e si avvicina l?ora delle decisioni ? non fatali per fortuna. Si avanzano proposte tecniche o presunte tali. La riduzione deve riguardare al 50% i lavoratori e i datori di lavoro. Proposta salomonica, non c?è che dire.
Un?altra è che il governo dovrebbe scegliere bene tra le imprese. Il beneficio dovrebbe andare in via selettiva alle imprese che innovano, che competono sui mercati internazionali, che assicurano posti di lavoro stabili. Una miracolosa quadratura del cerchio, non c?è che dire.
Sono proposte apparentemente molto persuasive. Perché dare benefici a pioggia? Perché premiare imprese che hanno un forte potere di rendita monopolistica sul mercato interno (come le famigerate municipalizzate, le imprese miste, le banche, le assicurazioni e tante altre)? E già che ci siamo, perché non distinguere tra le imprese che sfruttano il lavoro precario e quelle che creano lavoro stabile e qualificato?

Non è ragionevole fare queste distinzioni? In generale no e vediamo subito perché. In primo luogo, si sta sovraccaricando un solo strumento di una molteplicità di obiettivi che ne complicherebbe la gestione in modo esasperato. Senza menzionare che gli obiettivi di cui sopra non sono tutti convergenti e compatibili tra di loro.
In secondo luogo, non si chiarisce chi paga veramente non tanto in termini nominali (legali) di riduzione del cuneo quanto in termini di traslazione ed incidenza effettiva della misura. Scartata come poco credibile l?ipotesi che la copertura dello sgravio possa avvenire attraverso un corrispondente recupero dell?evasione fiscale, allora è chiaro che in grossa parte essa dovrà avvenire con un aumento di altre imposte. A carico di chi? E quando dico a carico, di nuovo, intento in termini di incidenza effettiva , al di là quindi delle previsioni formali di legge e/o di imputazioni contabili. Saranno aumentate le imposte sui consumi dei lavoratori, sulle imprese, sui risparmiatori?
Se i lavoratori e le imprese pagheranno meno contribuzioni sociali, potranno essere salvaguardati i livelli essenziali delle prestazioni dal lato della spesa? Come sarà coperta una eventuale invarianza o crescita della spesa? Sarà possibile l?auspicata riqualificazione del welfare o bisognerà ridurlo e basta?
Ecco perché al di là dell?apparente consenso generale sulla misura, la scelta concreta non è così semplice ed il governo forse la delineerà nel documento di programmazione economica e finanziaria. E a fronte del buco nei conti pubblici ? più grave di quanto si temesse qualche settimana fa – non manca chi vorrebbe rinviare la misura all?anno prossimo.

Per concludere voglio fare due ulteriori punti. Sull?incidenza della eventuale manovra sulle contribuzioni, le opinioni degli economisti convergono nell?affermare che un aumento delle contribuzioni sociali, di norma, incide totalmente sui lavoratori. Ma il contrario, ossia, una riduzione non beneficia necessariamente gli stessi. C?è di mezzo la elasticità dell?offerta e della domanda di lavoro. E la domanda di lavoro che guida la danza o no?
Se la domanda di lavoro non tira, l?offerta potrà essere elastica ed il costo al margine più basso, l?occupazione non aumenterà. Le leggi Treu e Biagi, secondo me, hanno dato tutto quello che potevano dare. Alla stessa stregua, non è pensabile che modificando 1-2 tipi di contratto previsti dalla seconda si risolvano i problemi della precarietà. Come non è credibile l?idea che la riforma Biagi non va bene solo perché il governo Berlusconi non ha attuato il riassetto degli ammortizzatori sociali. Troppo bello e troppo semplice. Adesso ci vuole ben altro. Il problema più grosso e più complicato è che, nonostante la riduzione della disoccupazione che si è registrata negli anni scorsi, il nostro sistema economico ristagna, cresce poco ed ancora più grave, la sua crescita potenziale rimane più bassa di quella di altri Paesi europei. La produttività bassa è un problema di politica economica generale per la crescita e lo sviluppo. Occorre un pacchetto coerente di misure, una strategia che agisca su fronti e tempi diversi. 1 o 2 strumenti pur necessari e per quanto enfatizzati nella campagna elettorale non bastano.