Per due voti la mozione sulla politica estera del Governo Prodi non è stata approvata ed il governo si è dimesso. Si è aperta formalmente la crisi. Il Presidente della Repubblica, a conclusione delle consultazioni ha respinto le dimissioni e rinviato Prodi alle Camere per verificare se al Senato può raggiungere la maggioranza.
I due senatori Rossi e Turigliatto (certo, nel caso di specie, difficilmente classificabili come boni viri) continuano a vivere la loro profonda contraddizione di avere messo in minoranza un governo (che fin qui aveva operato bene) e di riaffermare l?appartenenza alla maggioranza di governo l?uno e ad un partito della maggioranza l?altro.
Cosa possiamo dire da un punto di vista tecnico delle regole decisionali su questo grave episodio?
Il bipolarismo con sostanziale parità di voti o se si preferisce con una maggioranza incerta (risicata) non funzionare e non può funzionare bene perché non può garantire una maggioranza stabile. Anzi assicura l?instabilità della maggioranza di quelle situazioni in cui si addotta il criterio strettamente maggioritario (51%). E? naturale infatti che in un collegio di 322 persone o nel sottogruppo di 161 ci possa essere qualcuno e/o una minoranza che legittimamente non la pensa allo stesso modo di tutti gli altri.
Allora la prima regola democratica è che all?interno delle diverse coalizioni , all?interno dei diversi partiti che la compongono, a sua volta, si accetti il principio democratico. Questa è la regola generale che deve valere in tutti i collegi deliberanti con componenti pienamente sovrani. Come ho spiegato in un precedente blog, in fatto occorrerebbe evitare decisioni con maggioranze di stretta misura perché con il 51% c?è l?instabilità e il rischio della dittatura della maggioranza. Con l?unanimità si rischia la paralisi e il ricatto della minoranza più striminzita.
Le Camere legislative votano continuamente anche su questioni di grossa rilevanza etica. Sono molti i casi in cui il singolo parlamentare può trovarsi in dissenso con la propria maggioranza o con la propria coscienza. Ricordiamoci che l?art. 67 costituzione prevede la libertà di mandato e quindi di dissenso. Quindi la questione non può essere semplicemente risolta con i cazzotti e le espulsioni dai partiti di appartenenza dei dissenzienti che volutamente o per accidente provochino una crisi di governo. In un sistema parlamentare praticato correttamente e ragionevolmente il fatto che alcuni componenti della maggioranza votino con l?opposizione non sconvolge i giochi parlamentari se c?è un?ampia maggioranza o se come avviene in altri paesi esponenti della minoranza che condividono le scelte di governo le votano senza creare grande scandalo. I voti dei dissenzienti della maggioranza e della minoranza possono anche compensarsi a vicenda.
Certo su questioni importanti, relative a punti fondamentali del programma del governo e di coscienza , in situazioni in cui il proprio voto mette in minoranza il proprio governo o la propria maggioranza il singolo parlamentare deve sapere contemperare la propria libertà di scelta con quella della maggioranza a cui appartiene. Se la barca naviga in mezzo agli scogli ed io mi metto a remare contro, non seguo le manovra degli altri membri dell?equipaggio, non ho il diritto di fare incagliare o affondare la barca. Tutt?al più la prossima volta non salgo sulla stessa barca. Quindi la libertà di scelta individuale deve essere bilanciata con i diritti e le libertà degli altri marinai (cittadini).
Tornando alle regole decisionali del Senato, vediamo cosa è successo esattamente. La mozione del governo ha ottenuto 158 a favore, 136 contrari e 24 astenuti. La somma dei voti contrari e di quelli astenuti fa 160 e quindi la mozione non è stata approvata. Contrariamente a quanto avviene alla Camera, al Senato i voti degli astenuti non sono neutri. Si sommano a quelli contrari. Qual è la logica di questa norma regolamentare? È quella di non ridurre eccessivamente il quorum che normalmente è calcolato sui presenti. E? una logica un po? più rigorosa di quella del regolamento della Camera. E? una logica che vuole incentivare la esplicitazione del voto o che è lo stesso scoraggiare l?astensione che nei collegi qualificati non ha senso. Ma tale previsione è pure mitigata al Senato dalla possibilità di uscire momentaneamente dall?aula non partecipando alla votazione. Poste queste regole, se 24 senatori si sono astenuti non è perché avevano problemi di coscienza o di informazione. Se non sapessero valutare la politica estera del governo sarebbe meglio che si dimettessero. Evidentemente hanno voluto dare un segnale alla maggioranza e soprattutto non aiutare comunque il governo. Perché se fossero usciti, si sarebbe abbassato il quorum e la mozione sarebbe stata approvata con 22 voti di maggioranza.
In una logica di contrapposizione, muro contro muro, amico-nemico, i 24 astenuti si sono comportati in modo equivalente a quelli che hanno apertamente votato contro. Il paradosso della situazione è che, a ben vedere, sulla politica estera non c?è vero dissenso tra la stragrande parte della maggioranza e della minoranza. Non c?è sul ritiro dall?Iraq perché lo aveva deciso il precedente governo, non c?è sulla missione in Libano perché in fatto la minoranza l?aveva approvata , non c?è sulla missione in Afghanistan perché decisa dal precedente governo nel quadro della NATO e con il sostegno dell?ONU. Paradossalmente si potrebbe sostenere che c?è maggiore convergenza tra maggioranza e opposizione di quanta ce ne sia all?interno del centro sinistra o all?interno della stessa sinistra c.d. radicale. Ma in fatto è prevalsa la tentazione dell?attuale minoranza di fare cadere il governo e andare all?elezione per raccogliere lo scontento che alcune misure di rigore fiscale e di liberalizzazione hanno prodotto nel paese. La minoranza secondo me, ha anteposto l?interesse di bottega a quello del paese a cui non giova certo l?esasperazione dei rapporti che si acuisce durante la campagna elettorale. Non giova la perdita di tempo rispetto all?urgenza di alcuni problemi da risolvere. Non aiuta l?incertezza che una lunga campagna elettorale determina nel paese. Il comportamento dell?opposizione è razionale ma non consono all?etica della responsabilità pubblica. È prevalsa la tentazione di far cadere il governo e di verificare la possibilità di andare alle elezioni subito.
Nel motivare la sua saggia decisione di respingere le dimissioni del governo il Presidente della Repubblica ha menzionato la necessità prioritaria di una riforma elettorale prima che si possa parlare di nuove elezioni. Discorso condivisibile ma non sufficiente come non sono sufficienti i 12 punti programmatici di Prodi o le affermazioni dell?Unione di disporre già una maggioranza al Senato. Se quest?ultima affermazione fosse comprovata dagli ?acquisti? di voti dall?altro fronte, di cui apertamente si parla in questi giorni, l?etica pubblica sarebbe di nuovo sacrificata.
E poi non è una questione di 1-2 voti. Come abbiamo detto sopra, è naturale che sulle svariate questioni su cui si vota ci possano essere voti dissenzienti che fanno venire meno la maggioranza del governo. Non è neanche una questione ultima di sistema elettorale. Non è molto intelligente pensare che se per qualche motivo naturale non c?è una maggioranza chiara nel Paese, modifico le regole decisionali in modo che comunque esca una maggioranza piuttosto ampia. Ma sarà anche chiara?
Qualcosa di analogo si può dire anche della prospettata modifica del regolamento del Senato. Certo se si accetta la logica di un leader, un programma ed una maggioranza non modificabile (la logica della riforma costituzionale di Berlusconi), il voto di astensione è difficilmente conciliabile con tale bipolarismo malinteso. Così, però, si fuoriesce dalla repubblica parlamentare per entrare in quella del premier autocrate. Di per sé la previsione del regolamento del Senato sugli astenuti ha una sua logica. È compatibile con la repubblica parlamentare e dovrebbe essere valutata soprattutto in relazione alla ipotesi di passaggio al Senato federale.
Se si vuole preservare la logica parlamentare, se si pensa che le elezioni non sono a portata di mano e che ci voglia una lunga ed estenuante trattativa per arrivare ad un accordo non solo interno alla maggioranza ma anche con l?opposizione per fare la riforma elettorale ? come Prodi ha sempre sostenuto – si può anche provare a modificare subito il regolamento del Senato possibilmente con l?accordo dell?opposizione. Sappiamo tutti che al di là dei difetti del sistema elettorale, in questa fase, gli italiani si dividono all?incirca alla metà tra le due coalizioni. Se questo è vero, se non è accettabile che un sistema elettorale debba creare artificiosamente una larga e sicura maggioranza a favore dell?una o dell?altra parte politica, allora è chiaro che la vera soluzione non sta nei marchingegni elettorali o in quelli regolamentari delle Camere ma nella prassi e nel costume parlamentare.
Negli Stati Uniti da secoli prevale una prassi di voto trasversale. È vero, c?è la separazione netta dei poteri. La Camera dei rappresentanti ha approvato una mozione democratica per influire sulla politica di Bush sull?Iraq. La stessa mozione non è passata in Senato. Nessuno poteva e nessuno ha chiesto le dimissioni di Bush che non ha bisogno di un rapporto di fiducia con le Camere. Negli ultimi due secoli molte leggi specialmente quelle più avanzate e, più recentemente, quelle dei diritti civili sono state approvate con l?accordo trasversale tra le ali più progressiste dei democratici e dei repubblicani.
Mi si dirà: in Italia, la situazione è del tutto diversa. È diversa nei limiti in cui non ci sono valori largamente condivisi e prevalgono gli egoismi e gli interessi di bottega e le contrapposizioni frontali. Ma è una maledizione di Dio? È una situazione immodificabile per l?eternità? È giusto che per questioni di condominio si passi al massacro di adulti e bambini? E per tornare al governo e alle regole decisionali, ci si chiede perché nei dodici punti non figurano i PACS o DICO? Che fine fa il programma di governo presentato alle elezioni? Perché 12 e non 24 punti? Ci volevano le dimissioni di governo per capire che lo stesso governo non può continuare ad assumere che la maggioranza è autosufficiente quando i numeri e le probabilità non autorizzano tale affermazione!?