Il governo faticosamente ha varato i provvedimenti sulla sicurezza. La tragica morte di Giovanna Reggiani lo ha costretto a trasformarne uno in decreto legge con norme urgenti in materia di espulsioni. Si scatena il fine mondo. La destra dice che la misura è inadeguata. La sinistra dei comunisti sopravvissuti chiede modifiche perché non può appoggiare misure che rischiano di trasformarsi in deportazioni di massa. Sic! Piovono critiche sul governo anche dalla stampa estera. Inutilmente il ministro degli interni Amato cerca di spiegare che le espulsioni saranno selettive e che le direttive della UE in materia sono vaghe e praticamente inapplicabili. Nelle direttive UE è prevista l’espulsione dopo tre mesi per quanti arrivano senza mezzi di sostentamento. Ma se arrivano incontrollati, in pratica, non è possibile determinare il termine da cui decorrono i tre mesi.

Nel paese si acuisce il dibattito sulla sicurezza ma, come al solito, in termini assolutamente confusi e contraddittori. Tutti vogliono conciliare il diavolo e l’acqua santa.

Bisogna accogliere tutti gli immigrati. I comunitari perché essi hanno diritto a circolare liberamente per tutti i Paesi europei. Gli extracomunitari perché è gente bisognosa. Noi siamo solidali e non possiamo rifiutarci di aiutarli. Dopo tutto siamo un paese ricco. Dimenticando per un momento che il 10% delle famiglie italiane vive in povertà. Ma questo non importa. Dopo tutto la definizione di povertà è alquanto controversa. Siamo di sinistra e siamo solidali. Anche la Chiesa Cattolica è d’accordo. Esercitare la carità è perseguire il bene comune. E noi tutti vogliamo il bene comune. Ma che solidarietà è quella che consente a decine di migliaia di persone di vivere in capanne di cartone o di lamiera lungo le rive dei fiumi, in condizioni igieniche insostenibili?

La sinistra dei comunisti sopravvissuti chiede anche che lo Stato e le comunità locali si facciano parte attiva per aiutare gli immigrati. Bisogna assicurare loro una casa, un lavoro e le condizioni di una vita dignitosa. Ma per fare tutto ciò servono delle risorse per gli enti locali. Non importa intanto riduciamo l’ICI sulle prime case. La sinistra dei comunisti sopravvissuti dimentica ancora che noi non abbiamo una politica economica e finanziaria idonea ad assicurare la massima occupazione neanche per gli italiani, per i giovani che stentano ad entrare nel mercato del lavoro e, se vi entrano, ne ottengono uno precario. Non importa. Per gli italiani si può sempre fare un provvedimento di stabilizzazione dei precari e, così, per legge, si crea nuova occupazione come nei vecchi paesi comunisti. Sennonché questi ultimi, alla lunga, non hanno retto alla concorrenza dei paesi capitalistici ma questo non importa. Noi siamo italiani e possiamo sempre trovare una terza via, un nuovo modello che ci consenta di conciliare tutto e il contrario di tutto.

Noi siamo giusti e solidali. La settimana scorsa a Torino il governatore della Banca d’Italia Draghi ha detto che i salari italiani sono tra i più bassi in Europa e ha anche spiegato perché. Ma le spiegazioni non interessano. La sinistra dei comunisti sopravvissuti afferma che bisogna aumentare i salari e portarli a livello europeo. A parità di lavoro salari eguali. Apparentemente il discorso non fa una piega ma se il livello delle qualifiche, se la produttività è più bassa come facciamo a pagare lo stesso salario? Anche settori sindacali prontamente reagiscono proponendo la riduzione delle tasse. La questione salariale va affrontata in sede di contrattazione salariale con gli strumenti più idonei. Non solo con il contratto nazionale ma con quello regionale e aziendale. Ma nel sindacato non c’è accordo sulla decentralizzazione e così continuano a concentrarsi su unico strumento non idoneo ad affrontare i diversi problemi.

La Fiat, tenuto conto degli ottimi risultati raggiunti quest’anno, unilateralmente, ha deciso di dare 30 € mensili di aumento ai suoi lavoratori a titolo di acconto sul contratto. Un segretario nazionale della CGIL si è detto contrario perché così si attacca l’istituto del contratto nazionale strumento di solidarietà ed uguaglianza tra i lavoratori.

Ma le imprese non sono tutte eguali. Ci sono quelle che guadagnano, quelle che perdono e quelle che sopravvivono perchè lavorano in nero. In Italia l’economia in nero incide molto di più che negli altri Paesi industriali avanzati anche perché c’è la criminalità più organizzata che altrove. Vedi il libro di Saviano “Gomorra”. Nel sommerso il salario non è contrattato da nessuno ma semplicemente imposto. È a livelli ben inferiori di quelli nazionali. I lavoratori italiani e clandestini di qualsiasi provenienza sono bestialmente sfruttati. Nel Sud e nel sommerso, che non viene seriamente combattuto, si alimenta un circuito perverso di basse qualifiche, bassa produttività e bassi salari. Imprese poco efficienti non reggono la concorrenza internazionale. Si spiega così il fallimento di tutti i provvedimenti agevolativi per fare emergere il sommerso. Come se non bastasse la disoccupazione italiana, tale meccanismo viene ulteriormente alimentato dall’immigrazione clandestina che trova il suo sbocco naturale nel sommerso e nella malavita. Se all’economia del sommerso aggiungiamo quella dell’evasione fiscale delle imprese regolari, ci rendiamo conto dell’entità degli affari illegali e sporchi di questo paese che non riesce a darsi una regolata.

Il nostro è un paese dove dilaga la criminalità organizzata. Al di là di recenti operazioni brillanti, come la cattura di uno dei capi della mafia siciliana, non si può dire che storicamente la lotta alla criminalità organizzata sia un successo. Succede allora che tra gli immigrati arrivano anche bande di criminali da altri paesi della UE che sanno come in Italia le forze dell’ordine stentino a controllare il territorio. Pare accertato che esse organizzino una vera tratta di esseri umani da alcuni paesi dell’Est europeo. Non mi risulta che ci siano processi in corso. Come al solito, però, il problema viene affrontato dall’estremità della coda. Il problema è quello della certezza della pena. Ma questa viene dopo. Dopo che i criminali sono catturati e condannati. E se certe forze politiche per anni hanno introdotto modifiche ai codice di procedura penale per rallentare i processi, questo è un particolare trascurabile. È vero che la destra chiede la certezza della pena.

Le forze dell’ordine fanno quello che possono ma certo non riescono a contrastare efficacemente la criminalità di ogni genere – piccola o grande che sia. Ma il dibattito tra i politici su quale argomento si svolge? Sugli stanziamenti di fondi a favore delle forze dell’ordine.

Queste lamentano che i tagli della finanziaria del 2007 incidono sulla possibilità di fare i pattugliamenti. La lamentela non è nuova. La destra vuole dare più soldi alle forze dell’ordine. Lo stesso ministro Amato è stato autorizzato ad assumere 4-5.000 poliziotti in più. La sinistra dei comunisti sopravvissuti, nel caso l’On. Rizzo, propone di tagliare tutte le missioni di pace all’estero e, così, si avrebbero 4,5 miliardi di euro da destinare alla sicurezza interna. Intanto nessuno considera che dal 2002 al 2006 la spesa per la difesa è passata da 15,718 a 20,787 mentre quella per l’ordine pubblico e la sicurezza è passata da 23,057 al 27,712 con un incremento medio di oltre il 4% all’anno per la seconda. Non è vero quindi che sono state tagliate le risorse alle forze dell’ordine. Probabilmente, come in altri comparti della pubblica amministrazione, c’è un problema di riequilibrio tra le spese per il personale e quelle di funzionamento. Meno spese per personale poco qualificato e male impiegato e più spese di funzionamento a fronte di risultati concreti. Ma questi sono problemi seri e difficili e di essi normalmente i politici non parlano.