Due ore e quaranta sommando introduzione e risposte lente alle domande dei giornalisti. Che cosa abbiamo appreso? niente che non sapessimo già. La manovra era un atto dovuto – anche se incalzato da alcune domande sul punto nega che il suo governo distingua tra una fase 1 e una fase 2. D’ora in poi il governo si concentrerà agli atti voluti: la fase due o dei provvedimenti mirati a rilanciare la crescita. Dal manovra Salva-Italia a quella Cresci-Italia. Di che cosa si tratta? Monti ha dato le linee generali, più precisamente, ha indicato solo le aree in cui intende intervenire: concorrenza; liberalizzazioni; riforma del mercato del lavoro, stimolare il capitale umano anche a fini di equità.
Naturalmente rispondendo alle domande, la lista degli interventi programmati si allunga vieppiù: si parla di lotta all’evasione fiscale, all’elusione (o abuso del diritto), alla corruzione (con una nuova legge). Si tratta ovviamente di interventi che si estendono progressivamente su un orizzonte che si allunga oltre il 2013. Siamo sicuri che i governi che verranno si porranno in continuità con il suo come lui sta facendo con quello precedente?
A suo dire, la crescita non solo c’è nei programmi del governo ma sarà anche inclusiva. Fantastico! Non c’è che dire. Con un governo a termine, Monti pensa di risolvere problemi che non hanno trovato soluzione negli ultimi 60 anni per non dire nei 150 anni dall’Unità a oggi. Certo non gli manca l’ottimismo e il senso dello humor.

Ha detto che la quinta manovra era un atto dovuto per mettere in sicurezza i conti pubblici e per rispettare gli impegni assunti dal precedente governo. Forse mi mancano le informazioni, ma Berlusconi acriticamente aveva promesso di adempiere alla lettera della Banca Centrale europea e così aveva fatto con la manovra di agosto. Poi ha fatto anche la legge di stabilità. La sua manovra ha carattere strutturale e porterà a un avanzo primario di 5 punti negli anni a venire con corrispondente riduzione del debito pubblico di 5 punti.
Non so da dove Monti abbia preso questi numeri ma l’impegno previsto dal SixPack era ed è 1/20 della eccedenza rispetto al 60% del PIL , pari a poco più di tre punti di PIL. A parte che detti impegni sono stati assunti con leggerezza dal precedente governo voglio fare due osservazioni sul punto. A fronte del precipitare della congiuntura, detto patto poteva essere anche rivisto tenendo conto anche del fatto che la media del debito pubblico per i paesi più virtuosi è ben più alto del 60% fissato agli inizi degli anni ’90 dal Trattato di Maastricht. Secondo, supposto che miracolosamente si raggiunga il pareggio di bilancio nel 2013, la storia non finisce lì. Bisogna tenerlo per molti anni ancora se si pensa che l’unico modo di ridurre il debito pubblico sia quello che passa per l’avanzo primario. Ma probabilmente Monti pensa che questo non sia un problema suo ma dei governi che seguiranno.

Secondo i calcoli del Gruppo o tavolo di Giarda, insediato da Tremonti, ci sarebbe un patrimonio pubblico pari al 140% del PIL che rende poco. Detto patrimonio almeno in parte potrebbe essere utilizzato per la riduzione del debito pubblico. Il patrimonio fruttifero sarebbe a 675 miliardi di cui 215 nel controllo diretto dello Stato centrale, 460 delle Regioni; 675 è il 40% del PIL; il valore complessivo dei beni in mano allo Stato, agli Enti Locali e agli istituti di previdenza ammonterebbe a 420 miliardi; il valore delle partecipazioni tra le quali ENI, Enel, Finmeccanica sarebbe pari a 63 miliardi. Secondo me bisogna utilizzare anche questa strada della vendita di parte del patrimonio pubblico come si è fatto negli anni novanta. Certo le condizioni di mercato non sono le migliori ma si tratta di cominciare, dare un concreto segnale ai mercati e procedere con gradualità. Con adeguati sconti si può vendere qualsiasi cosa. Invece la strada che sembra voglia percorrere il governo quella della società di progetto o società miste è cosa diversa. Può finanziare in condizioni normali non in una situazione di emergenza. Anche perché ai privati che fanno opere pubbliche bisogna assicurare un rendimento normale del capitale superiore al costo dell’indebitamento dell’operatore pubblico anche in situazioni straordinarie come quella che stiamo attraversando. Questo vale in generale per il c.d. partenariato pubblico-privato raccomandato dalla Commissione europea.

Il 28 dicembre ci sono state aste per titoli a breve termine. I rendimenti si sono quasi dimezzati ma lo spread è rimasto sopra i 500 punti base. Il 29 c’è stata l’asta dei Buoni poliennali del Tesoro. I rendimenti si sono lievemente abbassati ma lo spread è leggermente aumentato collocandosi a quota 514 ma senza acquisti della Banca centrale europea. Berlusconi aveva distrutto la sua reputazione e quella del suo ministro dell’economia. Monti aveva ed ha la credibilità di un ex commissario UE ma quella di un capo di governo e di ministro dell’economia se la deve ancora guadagnare. La manovra di dicembre non era dovuta. Aveva alternative dirette e prioritariamente mirate a sostenere la domanda aggregata per investimenti pubblici e i consumi privati.

Sino a metà luglio 2011, nonostante le continue negazioni della crisi e smentite fattuali dei suoi programmi, lo spread si era mantenuto a livelli sostenibili. Come si spiega? Secondo me, non si spiega con la sola reputazione e credibilità della persona che ricopre una certa carica ma con i fatti economici. Negli ultimi due anni, l’economia italiana ha minimamente recuperato ciò che ha perso nel 2009. Le prospettive di crescita sono pessime e non c’è credibilità del capo del governo che tenga. Con i mercati e con le banche o restituisci i soldi che hai preso in prestito o hai perso la tua credibilità. Se approvi una manovra per il 2012 che aumenta le tasse, riduce la spesa e gli investimenti pubblici, non si vede da dove possa venire la crescita. Con rendimenti al 7% sui BPT, non andiamo da nessuna parte: il debito pubblico non è sostenibile. Prima o dopo arriva il problema della solvibilità. Molto probabilmente prima ancora le riforme sopra elencate possano esplicare qualche effetto. Con lingua biforcuta, la BCE, Il FMI, la Commissione europea prima hanno approvato preventivamente e successivamente le quattro manovre per il consolidamento dei conti. L’indomani dell’approvazione hanno detto che non c’era niente per la crescita. Temo che prima poi lo diranno anche per la manovra Monti.