Al punto nodale tra scienza ed etica si pone la ricerca della filosofa Patricia Smith Churchland, Neurobiologia della morale (Raffaello Cortina editore, Milano).
La studiosa dell’Università di San Diego in California indaga nell’interno del cervello umano: le idee esposte puntano ad illuminare le nostre conoscenze, risalendo al pensiero di Hume, e soprattutto al rapporto tra biologia e morale. Quest’ultima visione induce a ricondurre il singolo comportamento a valori (il “dover essere”) mentre la base delle ricerche fondate sui contenuti scientifici attiene ai fatti, cioè all’ “essere”, come risulta da elementi naturali.
Gli studi che hanno condotto ad approfondire l’evoluzione della mente cercano di spiegare come i cervelli dei mammiferi giungano ad assumere le decisioni. La filosofa americana introduce le quattro dimensioni plasmate dai processi cerebrali sotto l’aspetto “morale”. In primo luogo il ruolo individuale connesso all’attaccamento che ciascuno ha verso parenti ed amici (“prendersi cura”), in secondo luogo il riconoscimento degli stati psicologici altrui, poi la soluzione dei problemi nel contesto sociale; e quindi la conoscenza delle pratiche sociali, che inducono ad operare attraverso tentativi ed errori.
Vengono così in prima linea i vincoli che le istanze sociali esercitano sulla capacità umana di apprendere e di risolvere i problemi, sulla base dei sistemi che si assumono come centrali nel definire le scelte da compiere in conformità con ciò che a ciascuno “sembra giusto”. Così entrano nel circuito intellettivo credenze e pratiche culturali nel variare delle condizioni da cui muove l’agire umano.
Naturalmente si tratta di un approccio alla spiegazione dei comportamenti legati all’evoluzione dei cervelli. E l’autrice, sin dalle prime pagine, mette in guardia sia sulla difficoltà della comprensione resa possibile dai “geni” sia dei moduli morali presenti nel cervello. Non possiamo, nelle poche righe di una recensione giornalistica, entrare nel merito degli argomenti, né abbiamo le conoscenze scientifiche in grado di fornire una valutazione precisa delle tesi illustrate nel libro. Tuttavia richiamiamo l’attenzione sulle prospettive indicate da questo studio che sottolinea il percorso dei processi bilaterali che la scienza consente di compiere al fine di meglio comprendere come sia avvenuta, sul piano scientifico, l’evoluzione del cervello. Così le neuroscienze offrono i mezzi per intendere come agisce l’animale sociale, nella progredente penetrazione nelle singole conoscenze, quali punti di riferimento per le scelte “morali” che gli esseri umani compiono per giungere alle decisioni individuali. Una intelligente e pervasiva visita all’interno del nostro cervello per studiare meglio il modo di formazione dei nostri pensieri.
Il lettore, non addetto allo specifico settore scientifico oggetto dell’interessante studio, si trova di fronte al rapporto tra un fattore oggettivo concernente ormoni e neuro-endocrinologia ed un fattore di per sé soggettivo, come la morale. L’evoluzione dell’animale sociale in essere pensante, capace di ragione ed emozioni, viene così seguito attraverso le mutazioni genetiche alle quali corrisponde una modificazione delle sensazioni grazie all’esercizio delle funzioni proprie del cervello, visto nella sua materialità. Arduo e delicato quindi l’argomento trattato che attinge ai più alti momenti dell’agire umano. Emotività, sensi, con le connessioni dell’intelletto e la corrispondente potenzialità di valori etici, nel loro nascere e svilupparsi, si uniscono quindi in un insieme nel quale l’elemento culturale viene allargato alla natura stessa dell’individuo.
D’altronde se andiamo a guardare nel passato, non possiamo non ricordare come il creatore dell’economia moderna, Adamo Smith, era ancor prima attento studioso proprio della realtà dei sentimenti morali, come del fondamento dell’ “intenzionalità” dei singoli, problema complesso che non a caso sarà alla base anche degli studi di un giurista come Kelsen, preoccupato del “perché “ e del “come” dei comportamenti personali, nell’attenzione specifica verso l’intenzionalità o meno delle azioni degli uomini, e dei loro effetti. Come si vede, il legame tra natura e morale è stato alla base del più approfondito pensiero di geniali studiosi, particolarmente dediti ad analizzare le cause atte ad identificare la formazione di scelte comportamentali, economiche organizzative. Ecco allora in evidenza la ricerca di una concezione unitaria della vita senza preconcetti per comprendere meglio le ragioni dei nostri atteggiamenti.
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