L’altro ieri gli studenti hanno contestato Ignazio Visco che stava svolgendo una lezione magistrale all’Università di Firenze. Ieri un autorevole giornale economico e finanziario ha scritto che la protesta degli studenti contro il governatore della Banca d’Italia era sbagliata perché Visco, citando un suo saggio, ha sempre sostenuto la opportunità di investire in conoscenza e/o nel capitale umano. Vero il fatto ma anche il Presidente del Consiglio uscente Mario Monti, prima di Natale, in due occasioni, lo ha detto esprimendo il “concreto auspicio” che il 2013 fosse l’anno dell’investimento nel capitale umano da parte delle imprese. In fatto nella legge di stabilità per il 2013 il governo ha di nuovo tagliato i fondi per la scuola, l’università e la ricerca.
Qualcuno mi chiederà che cosa c’entra Mario Monti con Ignazio Visco. C’entra in quanto il governo uscente ha seguito una linea di politica economica e finanziaria come da lettera inviata il 5 agosto 2011 dalla Banca Centrale europea di cui la Banca d’Italia è componente essenziale. La BCE è parte egemone della troika che impone ricette economiche di stabilizzazione a destra e a manca che ci hanno portato dritti nella seconda recessione a distanza di due anni dalla prima quella del 2009 (-5,5% del PIL) che molti fingono di non ricordare in questa campagna elettorale. Ora mentre il Fondo Monetario Internazionale già nella riunione di Tokio ha mostrato e continua a mostrare chiari segni di ravvedimento circa la bontà delle ricette economiche prescritte ai paesi euromed , la BCE – e con essa la Banca d’Italia – va avanti imperterrita a sostenerne la validità in linea con la sciagurata politica di austerità voluta, senza se e senza ma, soprattutto dalla Germania della Signora Merkel.
Ma torniamo al merito della questione dell’investimento nel capitale umano soprattutto dei giovani e supponiamo che il governo Monti e quelli precedenti lo avessero fatto anche sul suggerimento del Governatore della Banca d’Italia, il primo consulente tecnico del Governo. Gli studenti avrebbero sempre ragione se – come è successo storicamente in Italia – alla fine dei loro studi, non trovano lavoro perché c’è stata sempre disoccupazione attorno al 10-12%. Solo in seguito alla riforma Biagi del 2003 la disoccupazione è scesa al 7%. L’Istat ci ricorda che i disoccupati sono 2,8 milioni circa. La disoccupazione in un anno, dal settembre 2011 al settembre 2012, è passata dall’8,8 al 10,8% ( + 2 punti), e che nel 2013 crescerà al di sopra dell’11%. I giovani (tra i 15 e i 24 anni) sono senza lavoro al 37% in media nazionale con percentuali molto più alte nelle regioni meridionali. Questi sono i fatti nudi e duri.
Siamo in campagna elettorale e tutti esprimono auspici e promesse. È naturale che sia così e a fronte di una situazione sociale drammatica che tende a peggiorare bisogna anche mostrare un certo ottimismo della volontà. Ma non è corretto glissare sui fatti storici. So di ripetermi ma lo faccio lo stesso. Nessuno governo dal dopo guerra sino ad oggi ha mai spinto l’economia verso il pieno impiego. C’è stato sempre e c’è tuttora – anzi in quest’ultimo anno si è aggravato – un problema grave di disoccupazione per tutti, per i capi famiglia con coniuge e figli a carico, per i giovani e ancora più grave per le donne in età lavorativa. Tutti i partiti e/o movimenti personalistici che affollano la scena elettorale ci dovrebbero spiegare quali sono le loro ricette economiche alternative a quella della BCE e della Germania per affrontare validamente il problema della crescita del reddito, dell’occupazione e della giustizia sociale. Altrimenti è solo aria fritta.
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