Non ho sondaggi riservati e non amo fare previsioni. Tuttavia mi piace sottoporre all’attenzione del lettore dieci argomenti che potrebbero giocare a favore della vittoria del NO nell’imminente referendum.
1. Precedente del 2006. Non lo ricordano i fautori del SI perché smentisce la loro tesi secondo cui da 30 anni non si fa niente; è un fatto che Berlusconi nel 2005 aveva fatto approvare sempre a colpi di maggioranza una riforma più o meno equivalente a quella di Renzi ed è stata bocciata nel 2006 con un NO del 61%; Renzi è solo contro tutti;
2. Ormai sembra consolidata l’idea di una perdita di credibilità in giro per il mondo del Presidente del Consiglio nonostante l’attivismo instancabile; la bocciatura della riforma della dirigenza da parte della Corte costituzionale ridimensiona la credibilità di questo governo che continua a legiferare in maniera incerta e confusa; a questo riguardo va precisato che quel che conta non è approvare nuove leggi con maggiore velocità ma produrre leggi migliori e consolidarle nel tempo nella coscienza dei cittadini;
3. Il voto degli attuale senatori che perderebbero in modo secco il posto in ben 241; molti di loro hanno un seguito politico e possono influenzare il voto dei loro elettori;
4. Il voto degli attuali consiglieri delle Regioni a statuto ordinario che si vedono espropriati di molte competenze legislative e ridotti i loro emolumenti ordinari. Anche loro hanno un elettorato e potrebbero influenzarlo;
5. Lo schieramento arcobaleno del NO ha un vantaggio comparato. Nel 2008 è stato firmato un documento elaborato da 14 fondazioni vicine alle forze politiche di tutto l’arco costituzionale; nelle elezioni del 2013 solo qualche partito minore aveva nel programma la riforma costituzionale; i principali partiti no; dall’andamento della campagna referendaria detta posizione di tutte le forze politiche dell’opposizione politica e di quella sociale è confermata mentre Renzi non può contare su un consenso altrettanto diffuso; proprio per questo sta utilizzando la tecnica comunicativa dell’avvelenamento del pozzo, cercando di delegittimare tutti i suoi interlocutori; definire lo schieramento avversario non è un esempio di correttezza politica; probabilmente anche Enrico Letta se lo ricorderà dentro la cabina elettorale;
6. La situazione economica, nonostante la flebile ripresa, vede ancora circa 7 milioni di persone senza lavoro tra disoccupati e scoraggiati, 4,1 milioni di soggetti in povertà assoluta, 11 milioni di persone che rinunciano a curarsi per mancanza di mezzi, una forte crescita delle diseguaglianze ed una incertezza sul futuro sconsideratamente alimentata dallo stesso governo. Tutti questi elementi non dovrebbero giocare a favore di una riforma costituzionale che non ha alcuna rilevanza ai fini del rilancio della crescita del reddito e dell’occupazione. A questo fine sono rilevanti le riforme dei trattati intergovernativi a livello europeo (per tutti, il Fiscal Compact) che impediscono una svolta drastica nella politica economica e finanziaria dei governi dei paesi euro-mediterranei; il governo ne sta prendendo atto solo dopo che, per 32 mesi, si è trastullato con la flessibilità collegata all’avanzamento delle sciagurate riforme strutturali, in primis, quelle relative al mercato del lavoro; nel luglio scorso, gli ispettori del Fondo monetario internazionale hanno lasciato un documento dove c’è scritto che, con i tassi di crescita previsti nei documenti governativi, solo attorno al 2025 potranno essere recuperati i livelli del 2007; il che significa altri 8 anni di stagnazione; il documento non ha avuto una grande risonanza mediatica;
7. Anche la residua minoranza interna del PD dovrebbe giocare a favore del NO specialmente quella che non ritiene affidabile la recente promessa di Renzi circa la modifica della legge elettorale c.d. Italicum; al di là della propaganda governativa secondo cui non esisterebbe una correlazione stretta tra riforma costituzionale e quella elettorale, è un fatto che l’accordo con Cuperlo conferma quello che dai giuristi viene definito il combinato disposto. Del resto è del tutto evidente che se attraverso la legge elettorale il leader e/o l’oligarchia ristretta che controlla il partito democratico determina la composizione della Camera riempiendola di deputati nominati, e di conseguenza anche l’unica Camera legislativa perde il suo ruolo di contrappeso rispetto al governo che è a capo del potere esecutivo, alias, burocrazia;
8. Nella sua viscerale propaganda Renzi continua nella delegittimazione della burocrazia; la riforma Madia va incidere più sul modello direzionale che sull’organizzazione degli Uffici periferici che si interfacciano con i cittadini; lo slogan che è passato è che i dirigenti e i fannulloni devono potere essere licenziati in 48 ore o giù di lì. Il nuovo sistema coniugato con lo spoil system, ossia, con il potere del governo di cambiare gli alti dirigenti dello Stato e sostituirli con persone di sua fiducia, umilia quanti, essendo entrati nella pubblica amministrazione in coerenza con una scelta di vita, aspirano legittimamente ad arrivare al vertice. La bocciatura da parte della Corte costituzionale di quattro articoli riguardanti proprio la dirigenza conferma l’incapacità di questo governo di legiferare in maniera chiara e semplice come è provato dalla riscrittura della seconda parte della Costituzione piena di commi incomprensibili, di rinvii a leggi di attuazione da definire in tempi non meglio identificati, di commi spostati con il taglia e incolla (comma 3 dell’art. 117 sulle competenze concorrenti) e con il copia e incolla (comma 2 dell’art. 120 sulla tutela dell’unità giuridica e dell’unità economica, c.d. clausola di supremazia che ora ricorre tre volte), ecc.;
9. Renzi rispetto a Berlusconi ha moderato gli attacchi alla magistratura almeno delle apparenza. Il suo ministro della Giustizia ha nei giorni scorsi varato l’ennesima riforma della giustizia. Sono stati indetti quattro giorni di scioperi. Anche la riforma della giustizia non sembra così popolare;
10. Indecisi e astenuti secondo alcuni dovrebbero giovare al Si. Secondo me, nei limiti in cui essi arrivano a conoscere meglio i contenuti della riforma potrebbero determinarsi a votare NO.