I grandi commentatori e comunicatori disquisiscono su chi debba fare la legge di bilancio 2018 nel caso di elezioni anticipate, come sembra abbiano deciso i quattro partiti (M5S, PD, Forza Italia e Lega) che hanno raggiunto l’accordo su un sistema elettorale – “modello tedesco deformato”. A mio avviso si discute di quisquilie come direbbe Totò e ci si divide sul nulla a causa di una classe governante indecisa a tutto. Tecnicamente ci sono i tempi per “mettere in sicurezza” i conti pubblici a luglio come fece, con successo ma stravolgendo le procedure di bilancio, Tremonti nel 2008-2009 e 2010 con decreti leggi che anticipavano i contenuti principali delle leggi finanziarie per gli anni successivi. La manovra del luglio 2011 fallì per colpa di Berlusconi che, dopo avere ricevuto un gruppo di ministri, irritati da Tremonti, dichiarò che lui non si riconosceva nella manovra del suo ministro dell’economia e delle finanze.
Oggi la manovra potrebbero farla Gentiloni e Padoan d’intesa con la Commissione europea che ha già espresso il suo parere su che cosa dovrebbe contenere. Come noto, a dicembre scorso, quest’ultima rinviò il suo giudizio sulla legge di bilancio 2017 per non influenzare in alcun modo l’azione del governo italiano prima e dopo il referendum costituzionale. La valutazione è arrivata nel febbraio 2017 a legge di bilancio già approvata e la Commissione chiese una manovra correttiva. Questa è stata approvata recentemente e non è successo niente. Perché? Perché ormai tutti sanno – anche gli analisti che studiano i mercati – che tra il semestre europeo, durante il quale i paesi membri dell’eurozona presentano alla Commissione documenti di economia e finanza e piani nazionali di riforma, e i semestri nazionali (elaborazione e approvazione dei documenti di bilancio con preventivo parere della stessa Commissione), ormai le procedure formali di bilancio durano un anno, anzi, si possono definire continue perché anche l’approvazione parlamentare “definitiva” entro dicembre può essere opportunamente modificata nei primi mesi dell’anno successivo. Da questo punto vista non c’è ragione seria per temere che in sei mesi il governo in carica o quello nuovo non debbano concludere niente e che si debba entrare nell’esercizio provvisorio che allarmerebbe i mercati.
Le società di rating conoscono queste procedure e i mercati speculano non speculano su di esse. Quello che conta è se nella sostanza i provvedimenti specifici che si assumono in materia di tasse, spese pubbliche e indebitamento sono veramente idonei a rilanciare la crescita del reddito e della occupazione in maniera sostenibile. Peraltro mettere in sicurezza i conti pubblici entro luglio e lasciarlo fare al governo Gentiloni per votare a settembre potrebbe essere un modo per evitare provvedimenti a carattere strettamente elettoralistico.
Un’altra considerazione riguarda appunto le incertezze sugli esiti delle elezioni italiane. Domani si vota nel Regno Unito, poi in Francia per rinnovare il Parlamento e, a settembre, per quello tedesco. Le incertezze che riguardano l’Italia sono strettamente interconnesse con quelle degli altri PM della UE e, a mio giudizio, sono secondarie rispetto alle prime. Personalmente propendo per le elezioni anticipate a settembre come le fa la Germania. Abbiamo un’occasione storica per coordinare le elezioni politiche con altri tre grandi PM della UE. Bisognerebbe non sprecarla. È specioso l’argomento di chi si schiera a favore delle elezioni dopo la fine naturale della legislatura trascurando il fatto che questa è una delle più screditate nella storia della Repubblica. In primo luogo, perché eletta con un sistema elettorale con un sistema elettorale subito dopo dichiarato in parte significativa incostituzionale e, in secondo luogo, per le reiterate manipolazioni e/o torsioni autoritarie del Presidente della Repubblica Napolitano. Quanto alle incertezze politiche, esse ci sono oggi, ci saranno a settembre e, molto probabilmente, anche nella Primavera prossima. La differenza è che quest’anno – come detto sopra – le nostre si confondono con quelle degli altri grandi PM della UE, l’anno prossimo l’Italia sarà sola e con un Parlamento ancora da rinnovare. Quest’anno è un anno perso per le decisioni importanti a livello europeo – livello più alto anche per l’Italia. Se votiamo nella Primavera 2018, noi rischiamo di aggiungere altri sei mesi di specifiche incertezze del nostro quadro politico. Ma tant’è se si accetta che quello italiano è un governo sub-centrale, regionale, che non pesa molto nelle decisioni europee importanti e che, in ultima analisi, è sotto la protezione dello “scudo europeo”.