Per valutare meglio la questione della Banca d’Italia (BdI) bisogna partire alla considerazione che, da oltre 30 anni, economisti e giuristi hanno sostenuto con successo che l’approfondimento del principio della separazione dei poteri comportasse per le banche centrali la definizione di una posizione autonoma ed indipendente per condurre la politica monetaria in funzione della stabilità dei prezzi e assicurare la tutela del risparmio al riparo dalle pressioni dei governi suscettibili di avere orientamenti diversi in ragione delle preferenze politiche delle maggioranze che, di volta in volta, li sostengono.
La posizione statutaria della BdI si configura alla stregua di quelle di cui godono le autorità amministrative indipendenti di più recente istituzione almeno in Italia.
Il fatto che in ragione della delicatezza dei compiti affidatigli la BdI debba godere della più ampia autonomia ed indipendenza non la rende auto-referenziale ed irresponsabile. Ci sono delle regole tecniche e deontologiche da rispettare e del rispetto delle stesse la BdI – come ogni altra banca centrale – deve rispondere al Parlamento e all’opinione pubblica.
Negli USA ed anche nella Unione europea i governatori della Banche centrali riferiscono sistematicamente alle Commissioni parlamentari. Negli USA è da tempo invalsa la prassi di pubblicare anche le minute (i verbali) delle riunioni tecniche del Board della Federal Reserve System in modo da consentire ad economisti, operatori economici e finanziari di meglio capire quali sono gli obiettivi che la Banca persegue e così promuovere l’adempimento spontaneo o dei comportamenti cooperativi.
Questo vale per una Banca centrale nel pieno delle sue funzioni. Per la BdI ? come del resto per le altre banche centrali del sistema euro ? le cose sono radicalmente cambiate in relazione all’introduzione dell’euro ed ancora prima del sistema monetario europeo. La gestione della politica monetaria è ora di piena competenza della Banca Centrale Europea (BCE) ed il ruolo di tutte le banche centrali è all’ingrosso cambiato in quello di braccio operativo della BCE a livello regionale. Molte delle altre banche centrali del sistema euro sono state conseguentemente riformate e ridimensionate. La BdI è rimasta tale e quale a come era prima.
La BdI da sempre si occupa della vigilanza sul sistema bancario in modo da assicurarne l’efficienza, la stabilità ed il rispetto delle regole di sana concorrenza tra le diverse aziende bancarie. A proposito di quest’ultimo compito, da quanto è stata istituita l’Autorità garante della concorrenza e dei mercati 1990 ? per inciso 100 anni dopo l’approvazione da parte del Congresso americano dello Sherman Act del 1890 – si è discussa l’ipotesi di passare all’antitrust anche la competenza in materia di concorrenza bancaria. La Banca d’Italia ha resistito fortemente quanto ingiustificatamente tale ipotesi. Dico ingiustificatamente perché, a mio giudizio, il record storico della Banca d’Italia in materia è sostanzialmente negativo. Negli ambienti informati su tali questioni tutti ammettono che storicamente la BdI ha sempre garantito la stabilità del sistema bancario a scapito della sua concorrenzialità ed efficienza. Tutti sanno che fino a qualche anno fa abbiamo avuto uno dei sistemi di pagamenti più arretrati di tutta l’Europa. Il che comporta anche maggiori costi per l’economia.
E’ notoria la incapacità del nostro sistema di finanziare idee innovative preferendo sempre di operare sulla base di garanzie reali richieste in modo eccessivo ai piccoli operatori.
Quando a meta anni 90 si discuteva in Parlamento della legge sull’usura (l. 8.03.1996 n. 108) la BdI si mosse in Parlamento per fare alzare il tasso soglia perché altrimenti metà del banche ? specialmente quelle operanti nel Mezzogiorno – sarebbero risultate usuraie. Risulta dalle cronache che anche in relazione allo scandalo Cirio e Parmalat – che ha visto implicati le più grosse aziende bancarie di questo paese – la stessa istituzione si sia messa di traverso anche rispetto ad una rapida approvazione della legge sulla tutela del risparmio.
Anche i recenti recuperi di produttività da parte delle principali banche con migliaia di miliardi di euro di profitti lasciano la bocca amara se si pensa alla stagnazione dell’economia reale che si prolunga da quattro anni, che detti profitti sono dovuti in parte considerevole al forte sviluppo dell’attività di erogazione di mutui fondiari e/o alle laute commissioni riscosse dai finanziamenti concessi agli speculatori immobiliari e al sistematico aumento delle commissioni a carico dei depositanti.
Da questi ed altri comportamenti si evince un sistematico comportamento della BdI a difesa degli interessi rappresentati, ossia, delle stesse aziende bancarie che, come noto, sono azioniste della nostra Banca Centrale. Questa anomalia crea una situazione di lampante conflitto di interesse che va sciolto senza indugi dal Parlamento. In questi termini, concordo con gli economisti (Alesina, Tabellini e Zingales) che, dalle colonne de Il Sole 24 Ore, chiedono un intervento risolutivo da parte del Governo che deve presentare in Parlamento le più opportune proposte tecniche. In questi termini, non ha fondamento né logico né giuridico che la riforma dello statuto della BdI sia affidata alla stessa BdI ed allo stesso Governatore Fazio che, con i suoi comportamenti disdicevoli, ha provocato un grande danno d’immagine e di credibilità non solo a se stesso ma anche alla BdI e al Paese intero.
Per la prima volta nella storia di questo Paese si è aperta la possibilità di superare un sistema bizantino, di auto-referenzialità, di nomina a vita che non ha alcun fondamento giuridico né di opportunità, senza riscontro in altri paesi di democrazia avanzata. Negli USA come in altri Paesi il Chairman e i componenti del Board sono nominati dal Presidente espressione della volontà popolare. Al di là dell’iniziativa politica, è chiaro che poi dipenderà dagli standard professionali e morali delle persone scelte se queste sapranno comportarsi in modo onesto e consono agli interessi generali del paese e non della parte che ha avuto un ruolo preminente nella nomina. Voglio sperare che il Parlamento (maggioranza ed opposizione) sappiano trovare l’intesa più generale per uscire da una situazione da basso impero anche questa sintomatica del più generale declino economico e morale.