In generale le primarie servono a scegliere il candidato che ha le più alte probabilità di vincere le elezioni. Nella prima esperienza italiana le primarie sono state originate dal fatto che la leadership di Romano Prodi non era riconosciuta da parte consistente della Margherita e da Rutelli. Se questo era lo scopo principale, le primarie lo hanno servito bene e a poco valgono le critiche, i distinguo di destra (Baget Bozzo) e di centrosinistra (De Mita Enrico) su il Sole 24 ore del 20.10.2005.
Secondo quest?ultimo le primarie restano uno strumento confuso e legittimato solo dai partiti e non dalla Costituzione. Le primarie addirittura evocherebbero il superamento dei partiti. I due commentatori sanno bene che i partiti sono strumenti necessari per la democrazia ma si è sempre posto il problema della democrazia all?interno dei partiti. Le primarie certamente rafforzano la democrazia, la partecipazione attiva all?interno dei partiti e fuori.

La prima esperienza italiana ha pienamente legittimato un leader ?anomalo? senza partito che alcuni concorrenti mettevano continuamente in discussione. Le primarie fin qui non sono previste dalla Costituzione e dalle leggi elettorali. Se è per questo neanche i sondaggi ma questi sono sistematicamente utilizzati dai governi e dai partiti nelle democrazie più avanzate. Rispondono all?esigenza di sentire gli elettori quando occorre e non una volta sola ogni 4-5 anni. Ben venga una disciplina che possa garantire meglio la trasparenza e la regolarità.

Ma la critica più forte che il prof. De Mita riprende da Don Baget Bozzo è che i partecipanti alle primarie non avrebbero scelto tra precise opzioni programmatiche dei diversi candidati. E? una critica ingenerosa perché sia Prodi che Bertinotti hanno declinato nelle linee essenziali i loro programmi, come lo hanno fatto Di Pietro e gli altri candidati. Si dà il fatto che nello schema bipolare la concorrenza tra i partiti si svolge al centro per conquistare il voto dell?elettore mediano presentando opzioni programmatiche essenziali e per certi aspetti vaghe e non meglio definite. I programmi poi vanno meglio definiti nei Congressi dei partiti. Ricordo che, negli anni ?70, nel Partito laburista inglese, si procedeva alla migliore definizione dei programmi votando specifici emendamenti su singoli punti del programma elaborato dal partito.

Ora da alcuni decenni è arrivata la politica c.d. mediatica, leaderistica, personalizzata e i programmi sono passati in seconda linea. E? un male a cui si può rimediare ma con strumenti di consultazione diversi come conferenze programmatiche specifiche, sondaggi informati, panel di esperti e quant?altro. L?esperienza del referendum sulla fecondazione assistita deve fare riflettere. Alcune questioni vietano espressamente i referendum abrogativi delle tasse.

Certo non si può sostenere che con le primarie si è innescata una deriva plebiscitaria. Il prof. De Mita e Don Baget Bozzo confondono la sede o lo strumento. Il fatto che oltre 4 milioni di cittadini esprimano una loro preferenza su chi deve guidare una coalizione è un grosso fenomeno di partecipazione democratica, ossia, di partecipazione attiva dei cittadini alla scelta del leader della coalizione normalmente fatta dalle oligarchie centraliste dei partiti. Il plebiscito è altra cosa. E? la scelta informale di un leader direttamente da una folla radunata in piazza senza alcuna procedura di partito o di tipo elettorale. Le primarie possono essere viste come un sostituto del doppio turno. Se si vuole una maggiore partecipazione attiva dei cittadini alla scelta dei leader politici, delle due l?una: o si generalizza il doppio turno anche di collegio o si praticano le primarie con la disciplina idonea a garantire la migliore trasparenza e regolarità.