Walter Veltroni la settimana scorsa ha presentato il programma di governo del Partito democratico. Ha sviluppato in 35 pagine i dodici punti preannunciati e precedentemente presentati in maniera sintetica. Prima di passare all’analisi di alcuni di questi punti, voglio svolgere alcune considerazioni sulla questione del plagio dei programmi. Sull’onda di quanto avviene anche in America dove la Clinton avrebbe copiato il programma da Obama e/o viceversa, anche in Italia, esponenti del Partito delle Libertà,  senza avere ancora avere reso disponibile il loro programma, hanno accusato il PD di plagio.

Rispetto alle risibili polemiche alimentate anche da giornali poco informati, credo che la questione meriti di essere spiegata meglio agli elettori. Non si tratta di plagio in senso tecnico ma di questione del tutto diversa. A destra e a sinistra nessuno spiega che in un sistema maggioritario – coatto o raffinato che sia – la competizione politica si svolge al centro per conquistarsi i favori del cosiddetto elettore mediano – teorema ben noto agli economisti che studiano le scelte pubbliche. Si assume che l’elettore mediano non sia ideologizzato, non voti per ragioni di appartenenza ma lo faccia tenendo conto in via principale dei benefici che a lui arriveranno dai programmi che i due partiti o le due coalizioni contrapposte portano avanti.

L’elettore mediano intende massimizzare la sua utilità individuale e, per questo motivo, è disponibile a attribuire il suo voto all’uno o all’altro schieramento a seconda delle sue convenienze o dei suoi interessi. Si intende che il discorso non è solo in termini di interessi materiali (benefici fiscali e/o trasferimenti, assegni, costo fiscale per l’elettore mediano, ecc.) ma anche in termini di contenuti valoriali che alcuni programmi comportano. In uno schema molto semplificato dove rilevano in primo luogo le questioni redistributive, conta il livello della spesa pubblica, è chiaro che i poveri vorrebbero più redistribuzione e i ricchi meno. L’elettore mediano si schiererà con gli uni o con gli altri in relazione ai vantaggi che pensa di ottenere e al prezzo fiscale che lui deve pagare per una politica redistributiva  più e meno generosa. Ovviamente contano anche il reddito dell’elettore mediano e i suoi valori. Ma in uno schema semplificato il modello spiega il comportamento dell’elettore mediano e quello dei partiti e delle coalizioni avversarie che, a conoscenza di queste tendenze spontanee dell’elettore mediano, cercano di formulare programmi che tendono a convergere sulle preferenze degli elettori disponibili a cambiare schieramento.

In una società di massa dove c’è un nucleo ampio di valori condivisi, dove c’è grande coesione sociale, i partiti che rappresentano gli strati sociali più ampi tendono a convergere al centro. I partiti più estremisti tendono ad allontanarsi dal centro. Se i valori fondamentali sono largamente condivisi, è chiaro che gli elettori considereranno in prima approssimazione gli interessi. Se così il problema non è quello del plagio o quello  se pubblicare o meno i programmi ma è sempre quello di chiarire bene non solo gli obiettivi – sui quali la convergenza è relativamente facile – ma gli strumenti con i quali i primi saranno perseguiti e soprattutto i costi che alcuni dovranno sopportare per conseguire gli stessi. Atteso che non sempre è possibile assumere provvedimenti dai quali tutti conseguono un vantaggio.