Come fanno molti tifosi delle squadre di calcio che si sentono autorizzati a suggerire all’allenatore la formazione della squadra preferita, come appassionato di politica mi sento di dire qualcosa sulla procedura per arrivare alla formazione del governo e alla elezione del nuovo Presidente della Repubblica, dicendo chiaro e tondo che non approvo il modo in cui il Presidente Napolitano sta arbitrando la partita.
Diversi giornalisti ed anche io nel dicembre 2011 avevamo previsto l’ingorgo istituzionale che si sarebbe determinato se il Presidente Napolitano avesse sciolto le Camere nei primi mesi del 2013 come è avvenuto. Avevo anche previsto che gli effetti della recessione dopo il famigerato provvedimento “Affossa-Italia” si sarebbero fatti sentire ancora nel 2013. E sappiamo dalla teoria del ciclo politico economico che gli elettori ricordano i danni subiti più recentemente che non quelli ormai passati ed archiviati. Allora come ora, ci vogliono far credere che non c’era alternativa e che bisognava provvedere con la massima urgenza. Per inciso sono tra quelli che sostenevano la necessità di sciogliere immediatamente dopo che Berlusconi aveva perso la maggioranza. Ciò era possibile perché, senza o con il governo in carica o dimissionario, le decisioni di politica economica più importanti sono prese a livello europeo e, in particolare, dalla Banca centrale europea – ormai dominus incontrastato anche della politica fiscale – visto che il Consiglio europeo di norma si riunisce ogni tre mesi. Il caso della Grecia e di Cipro insegna. Alla Grecia in particolare è stato imposto di votare due volte nel giro di due mesi.
Ieri si è concluso il mandato esplorativo dell’On. Bersani a cui erano state poste condizioni impossibili nella fase attuale: assicurarsi la certezza di voti sufficienti per la fiducia al Senato. Oggi il Presidente della Repubblica sta facendo un altro rapido giro di consultazioni per verificare se ci sono soluzioni alternative per confermare l’incarico a Bersani o per provare a percorrere altre strade come quella di un governo c.d. istituzionale. Come un governo di tal fatta possa superare le difficoltà che ha incontrato Bersani è tutto da vedere. Secondo me, bene ha fatto il Segretario del PD a percorrere prima la strada di un accordo con il M5S. Ma ora che ha verificato che la strada è bloccata non resta che percorrere quella delle larghe intese con Berlusconi, Grillo e Monti. Come procedere? Occorre formare delle delegazioni tecniche dei partiti e movimenti interessati per esplorare le possibilità di un accordo programmatico. Dopo di che, gli organi direttivi dei partiti e movimenti, con la massima trasparenza, devono decidere se appoggiare o meno il governo e formalmente e sottoscrivere l’eventuale accordo. L’operazione potrebbe richiedere diverse settimane. Negli anni ’60 e ’70 la DC e gli altri partiti del Centro-sinistra, in alcuni casi, impiegarono mesi prima di raggiungere l’accordo e formare il governo. Nel frattempo le trattative si incrocerebbero con quelle per il Presidente della Repubblica. Le Camere sono convocate in sessione congiunta per il 15 aprile. Quindi mancano appena due settimane e sarebbe bene sperimentare le possibilità di un accordo multilaterale. So che le probabilità di raggiungerlo sono basse ma bisogna mostrare ragionevolezza ed apertura da tutte le parti. Sarebbe un buon viatico per raggiungere un accordo programmatico per il governo. Si tratta di un accordo necessitato visto che l’attuale Presidente della Repubblica non può sciogliere il Parlamento e, comunque, sarebbe inappropriato che lo facesse il nuovo Presidente appena eletto.
Ho scritto l’altro ieri che il PD e il Pdl hanno visioni e programmi non solo ideologicamente contrapposti ma anche in pratica difficilmente conciliabili. E tuttavia non c’è soluzione alternativa al dialogo e alla verifica concreta delle possibilità di accordo anche con Grillo e Monti come ho detto sopra. Bisogna verificare punto per punto e con la massima trasparenza chi si oppone ad un governo di cambiamento, a questa e quell’altra proposta concreta, lasciando il timone in mano al segretario del PD, che piaccia o non piaccia ha la maggioranza alla Camera dei deputati. E non è poco nelle circostanze. Bisogna inchiodare alle proprie responsabilità il M5S che allo stato delle cose, non gli conviene scegliere tra il PD e il PdL per un semplice motivo: nell’uno o nell’altro caso rischia di perdere parte significativa dei suoi elettori. Stando alle analisi svolte dagli esperti risulta che essi provengono al 50% dal Centro-sinistra e per l’altra metà dal Centro-destra. Con un governo di larghe intese il M5S potrebbe eludere tale difficile scelta.
Qualcuno dice che la situazione economica e finanziaria non lascia molto tempo a disposizione ma delle due l’una: o l’attuale governo mente quando afferma che ha risanato i conti in termini strutturali oppure mente chi dice che bisogna agire con la massima urgenza, dimenticando che la fretta a volte si rivela cattiva consigliera. In fatto che i conti pubblici siano risanati lo certifica la c.d. troika. Ma l’impasse che si è determinata in Parlamento non lascia alternative. Non ci sono soluzioni facili da attuare. Serve un lavoro certosino e di grande pazienza. Serve tempo perché, se si vogliono fare le cose, bisogna esplorare attentamente tutte le possibili via di uscita tenendo presente che non si può sciogliere subito il Parlamento e che non conviene votare di nuovo nel mezzo di una grave recessione.
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