Luciano Gallino (2015), Il denaro, il debito e la doppia crisi. Spiegati ai nostri nipoti. Passaggi Einaudi, Torino. Cinque snelli capitoli di cui tre fondamentali per capire i veri termini della crisi come non ce la raccontano i governanti né i media per lo più asserviti al potere dell’oligarchia. Nel primo capitolo, Gallino spiega la doppia crisi del capitalismo e del sistema ecologico. Nel secondo scrive della c.d. finanziarizzazione dell’economia, ossia, del ruolo egemonico della finanza rapace che ha spinto l’uomo su una linea autodistruttiva. Ha oscurato o spinto nelle retrovie i discorsi sulla crescita sostenibile e sulla giustizia sociale i cui obiettivi dovrebbero mirare soprattutto a migliorare le condizioni di vita degli strati sociali più deboli e più bisognosi di aiuto da parte della collettività. Nel terzo capitolo l’Autore ci porta dentro la crisi del processo di integrazione europea dove è in corso un processo di verticalizzazione del meccanismo decisionale senza che al centro ci sia un vero governo politico che abbia la fiducia del Parlamento europeo. Come noto, al centro c’è il Consiglio europeo formato dai capi di governo e di Stato. Soprattutto i primi rispondono ai loro elettori nazionali e, pure avendo votato per la centralizzazione non solo della politica monetaria ma anche di quella fiscale, ricorrono sistematicamente al doppio gioco di scaricare sull’Europa la responsabilità delle decisioni più sgradevoli che essi stessi hanno proposto e sottoscritto. Come noto l’UE è un’area regionale vasta con 500 milioni di cittadini. Essa opera nel contesto globale in un doppio regime di piena libertà dei movimenti di capitale e di concorrenza fiscale tra le diverse grandi potenze e i rimanenti Stati nazionali di stampo ottocentesco, ossia, di entità che avevano un buon controllo dei tre fondamentali strumenti che caratterizzavano lo Stato: la spada, la bilancia e la moneta. Oggi lo Stato nazionale è troppo piccolo per affrontare efficacemente i gravi e complessi problemi della globalizzazione e, a un tempo, troppo lontano dalla gente, nella maggior parte dei casi, per poterne rilevare correttamente le preferenze. Da qui si sviluppa un doppio processo: quello di integrare politicamente aree regionali vaste da un lato e decentrare all’interno dei singoli paesi membri. I governi italiani degli ultimi anni sembrano seguire una linea che contraddice entrambe le tendenze. Da un lato hanno sottoscritto Trattati e regolamenti che hanno centralizzato tutta la politica economica e finanziaria in fatto in testa ad un’Autorità amministrativa indipendente la BCE, dall’altro propongono riforme costituzionali che riducono le competenze di Regioni e comuni dopo avere surrettiziamente abrogato le Province. La finanza rapace dopo le deregolamentazioni degli anni ’80 e ’90 – ben descritte da Gallino – opera a livello globale. L’uso spregiudicato della moneta, del credito e dei prodotti derivati dopo l’abbattimento delle due torri (11-09-2001) porta alla crisi finanziaria prima (2007) e a quella economica (2008-09) subito dopo. La crisi non riguarda solo gli USA perché banchieri e finanzieri americani attraverso CDO, CDS e massicce cartolarizzazioni nude, senza una vera operazione economica sottostante, avevano provveduto a creare un rischio c.d. sistemico a livello globale. Simon Johnson (The Atlantic, 2009), ex capo economista del Fondo monetario internazionale, ha definito l’operazione un Golpe silenzioso delle banche americane, mettendo a dura prova la stabilità del sistema finanziario mondiale. Negli USA a metà settembre 2008 fallisce Lehman Brothers, a novembre viene eletto Barack Obama. Questi si coordina con Bush Jr. che restò in carica sino al 20 gennaio 2009, giorno dell’insediamento del successore. D’intesa intervengono per salvare AIG la più grande società americana di assicurazioni. Obama quindi interviene con decisione per salvare altre banche, assicurazioni e l’industria dell’automobile anche con l’accordo dei sindacati che mettono a disposizione le consistenti risorse dei loro fondi pensioni. Tutti i paesi europei subiscono gli effetti pesanti della prima recessione (2009). L’UE reagisce più lentamente e, peggio ancora, adottando la politica suicida dell’austerità che finirà con il precipitare l’economia in una seconda recessione, quella degli anni 2011-14. Correttamente Gallino spiega questa scelta europea con la prevalenza all’interno del Consiglio europeo di governi di centro-destra raccolti attorno alla Germania. L’analisi non si limita a spiegare solo la crisi 2007-14 considerata più grave di quella del 1929 (crollo di Wall Street e conseguente grande depressione). Essa va alle radici profonde della crisi del capitalismo e cita il caso emblematico di Wal Mart l’azienda americana della grande distribuzione che si è trasformata in una specie di rullo compressore dei prezzi a danno dei salari dei propri dipendenti. Questi se vogliono continuare a lavorare devono rinunciare a forme minime di protezione sociale e sindacale. Gallino spiega anche in questi termini il progressivo impoverimento delle classi medie con un forte aumento delle diseguaglianze. Quando il livello dei salari dei top manager supera di 4-500 volte in media – in Wal Mart l’AD o CEO guadagna 900 volte di più – quello del salario medio dei propri dipendenti. Diversa la situazione in Europa dove il grado di concorrenza è senz’altro più basso. Le imprese tendono a colludere e a fare cartello. I sindacati restano relativamente più forti e proteggono maggiormente gli occupati.
Ha scritto Robert Reich (in Supercapitalismo, Fazi editore, 2008 ) che Wall Street assedia il congresso americano e contribuendo alle costose campagne elettorali di deputati, senatori, e dello stesso Presidente è in grado di comprarsi tutte le agevolazioni e le deregolamentazioni che le servono. Sappiamo che in borsa prevale l’ottica di breve e brevissimo termine. Cresce enormemente l’influenza delle banche d’affari. I manager dell’industria devono produrre risultati trimestrali e utilizzano la liquidità anche per operazioni speculative a breve. L’industria e , più in generale, le banche e la borsa si mettono al servizio dell’alta finanza. Tende a prevalere la logica della finanza su quella dell’economia reale (della produzione) e, nei casi peggiori , della finanza speculativa con CDO “nude” e CDS anche nella forma di pure scommesse.
Come può avvenire tutto questo e come avviene che bolle speculative si gonfiano e si sgonfiano sempre più frequentemente lasciando comunque sul lastrico milioni di lavoratori? Avviene perché le banche da lungo tempo, anzi da quando sono nate, hanno avuto il potere di creare moneta bancaria e, più recentemente, sono state deregolamentate come se si trattasse di imprese qualsiasi. Non solo sono diventate banche universali che possono fare credito a breve e medio termine, possono assumere partecipazioni nelle imprese, possono attraverso interposizioni fittizie di comodo fare direttamente speculazioni con i titoli derivati. Hanno un potere di leva straordinario perché per ogni deposito che ricevono hanno un obbligo di riserva molto basso pari solo all’1%. Negli ultimi decenni si è detto che le banche sono imprese come le altre e possono fare profitti come qualsiasi altra impresa. Da qui la proposta di Gallino di riprendere il c.d. Piano Chicago degli anni 1930 per togliere alle banche detto potere elevando l’obbligo di riserva al 100%. Ora se si tiene conto che da un lato la politica monetaria è stata trasferita alla Banca centrale europea, ossia, ad un’autorità amministrativa c.d. indipendente ma in fatto, sotto il tallone del governo tedesco, dall’altro sul lato interno la Banca d’Italia esercita solo funzioni di vigilanza ora per delega della BCE, è chiaro che il vuoto di guida politica è occupato dalle banche, che a dispetto della funzione pubblica che assegna loro l’art. 47 Cost. perseguono i loro interessi.
La maggiore concorrenza spinge a tagliare i costi e, tra questi, in primo luogo, quelli del lavoro. E così la classe media si impoverisce vieppiù. Aumenta in essa la paura di perdere i livelli di benessere conquistati. In America i lavoratori soffrono per l’eccesso di concorrenza e di liberalizzazione, in Italia e in Europa per mancanza di concorrenza e liberalizzazione.
Nel primo capitolo Gallino si occupa anche della crisi del sistema ecologico. Ho avuto modo di recensire l’Enciclica “Laudato Si’” di Papa Francesco. http://enzorusso2020.blog.tiscali.it/?s=ecologia+integrale+&doing_wp_cron
Trovo che ci sia una totale convergenza di valutazioni nell’analisi della crisi ecologica. Cito dalla mia recensione dove sintetizzo il pensiero di Papa Francesco.
“Il degrado ambientale è anche degrado sociale che è generato dall’attuale modello di sviluppo che non produce spontaneamente un “rapporto armonioso” tra crescita economica e miglioramento dell’ambiente. Anzi, non di rado, la prima viene collegata anche alla produzione di diseconomie esterne di cui le imprese e i governi non si danno carico.
Continua Papa Francesco: “Oggi riscontriamo, per esempio, la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia. Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti di recente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti. Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati del contatto fisico con la natura”.
Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra, specialmente in Africa, dove l’aumento della temperatura, unito alla siccità, ha effetti disastrosi sul rendimento delle coltivazioni.
In queste frasi, come in altre che ricorrono nel documento, si esprime la visione dell’interdipendenza tra la natura, l’ambiente e l’uomo, tra l’economia e l’ambiente, tra il modello di sviluppo economico e sociale e la natura. Non è vera l’equazione che alcuni fanno tra crescita economica e crescita civile della società. Anzi prevale il contrario. Alla crescita di alcuni corrisponde l’impoverimento di altri. Un’interdipendenza totale tra destino della natura e destino dell’uomo via via che ci avviciniamo pericolosamente all’esaurimento di certe risorse come l’acqua e l’aria pulita”.
Posso aggiungere qui che questa analisi risulta quanto mai appropriata non solo per i Paesi con reddito medio pro-capite al di sotto dei 20 mila dollari ma anche per quelli più ricchi se è vero come è vero che negli Stati Uniti ed in molti paesi membri dell’Unione europea le percentuali dei soggetti a rischio povertà si collocano al di sopra del 20% delle rispettive popolazioni.
Se così è chiaro che si è perso ogni senso della misura. E questa è una fondamentale questione di etica pubblica e di giustizia sociale.
L’ultimo capitolo del libro è una sorta di testamento morale dell’Autore “alla ricerca di alternative… in attesa del nuovo soggetto”. Gallino sottoscrive la tesi della crisi strutturale del capitalismo e del suo inevitabile crollo che ha affascinato tanta cultura di sinistra nel secolo breve. Purtroppo detta cultura ha sempre sottovalutato la capacità di rinnovarsi del capitalismo. Si cita il caso emblematico di Wal Mart ma si ignora, ad esempio, la decisione di un’altra grande società americana Starbucks che si è impegnata a finanziare aggiornamento professionale e studi di secondo e terzo livello ai suoi dipendenti. È il c.d. welfare aziendale: una strada che stanno percorrendo anche i sindacati italiani. Si sottace il fatto più macroscopico che, nonostante i continui attacchi, il c.d. modello sociale europeo (alias, il compromesso socialdemocratico) resiste ancora e sopravvive. Si stenta a prendere atto che nel secolo scorso il socialismo reale dell’Est europeo ha perso la sua sfida al capitalismo occidentale. Bisogna prenderne atto non per rinunciare definitivamente all’idea socialista, socialdemocratica o al socialismo ecologico a cui accenna Gallino perché è vero che “il sentiero si traccia camminando. Ma –come precisa Egli stesso – bisogna camminare nella direzione giusta” (p.156). E se vogliamo essere realisti dobbiamo prendere atto che, in questa fase storica, nella UE e negli USA non c’è alcuna sfida seria al capitalismo e, se così, sulla sorte finale del capitalismo potrebbe risultare maggiormente fondata la tesi di Giorgio Ruffolo (Einaudi, 2008) secondo cui il capitalismo “ha i secoli contati”. Al momento, l’UE è sotto il tallone di governi di centro-destra, avanzano le destre reazionarie, la sinistra è divisa e, nella migliore delle ipotesi, possiamo prevedere contraddittori governi di larghe intese. Probabilmente Gallino scrivendo del “nuovo soggetto” voleva accendere un lumicino di speranza.