Secondo il Presidente del Consiglio Renzi il Senato si riunirà un giorno al mese. Evidentemente si tratta dell’ennesima battuta menzognera perché delle due l’una: o Renzi non ha letto l’art. 55 riformato oppure non ha capito quello che il nuovo Senato dovrebbe fare.
L’art. 55 vigente è composto di soli due commi. Formalmente il nuovo è composto di sei commi nominali. In realtà di 14-15 perché il nuovo comma 5 contiene non un comma ma 9-10 commi a seconda che uno di essi sia considerato doppio o singolo.
Per farla breve, ci concentriamo solo sull’analisi del nuovo comma 5. “Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo (rectius: coordinamento, ndr) tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica”. Sono due funzioni diverse accorpate.
“Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e nelle modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea”. Anche qui si tratta di due funzioni diverse e, quindi siamo a quattro funzioni diverse. Ricompaiono in questi due primi commi le funzioni concorrenti che si escludono nel successivo art. 117 perché avrebbero creato tanti ricorsi davanti alla Corte costituzionale e ritardi nell’attuazione delle politiche pubbliche.
“Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea”. Ancora si tratta di due funzioni diverse perché esplicita non solo la partecipazione alla formazione degli atti normativi ma anche all’attuazione dei medesimi che è compito collegato non sempre esercitato nel passato ne’ da parte della CD ne’ da parte del Senato. Siamo a sei funzioni.
“Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori”. Anche qui due funzioni ma più incerte e confuse perché sono pubbliche tutte le politiche a partire da quelle degli enti territoriali, dello Stato e della UE. Non si capisce perché il nuovo Senato verificherebbe solo l’impatto – quale impatto? Quello economico, quello amministrativo, quello ambientale? – delle sole politiche dell’UE. Anche qui si tratta della sommatoria di due funzioni ma il comma è scritto male perché tutte o quasi le politiche pubbliche hanno impatti sui territori. Siamo a otto funzioni.
“Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”. Non è chiaro con chi concorre se con il governo o con le commissioni della Camera dei deputati nei casi previsti dalla legge ma non dalla Costituzione per cui il governo di turno potrà restringere a volontà i casi in cui è richiesto detto parere. Non è detto se il parere è vincolante o meramente consultivo. Concorre inoltre a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato. Di nuovo, a me sembrerebbe strano che tale compito non fosse assorbito nella valutazione delle politiche pubbliche di cui al precedente comma. Se così, non si capisce perché tale difficile funzione viene ripetuta. O si tratta di una svista? Non è dato saperlo. Vale la pena precisare di che cosa stiamo parlando.
Premesso che in Italia una politica pubblica, quasi sempre, si traduce in una legge e/o in un decreto legislativo con molti contenuti tipici di regolamento o di una circolare amministrativa. Valutare una politica pubblica significa fare un’analisi preventiva della idoneità di una data legge a risolvere un dato problema; controllarne l’attuazione in itinere; verificarne infine l’efficienza, l’efficacia e l’economicità come amano specificare i giuristi che si occupano di questi problemi. Si tratta di un’attività molto complessa che richiede competenze interdisciplinari di economisti, giuristi amministrativisti e sociologi. È chiaro che non è compito che i senatori possono svolgere da soli né possono limitarsi ad affidarlo a esperti esterni o a strutture interne sia pure rafforzate. Spesso e volentieri si traduce anche nella convocazione dei dirigenti delle strutture ammnistrative chiamate ad applicare le leggi. In sintesi, un lavoro complesso che richiede un forte impegno di energie e soprattutto forte continuità, non di rado, attraverso diversi governi. Un lavoro che finora raramente o mai è stato svolto sia dalla CD che dal Senato. Miracolosamente tale compito dovrebbe essere svolto da un Senato sottodimensionato, a tempo parziale e per composizione senza alcuna esperienza pregressa né in sede regionale né a livello comunale. Sia che si ricorra ad esperti esterni sia che si rafforzino le strutture interne, il costo di tale operazione probabilmente assorbirebbe o supererebbe il risparmio discendente dalla prevista riduzione del numero dei senatori.
Siamo a dieci funzioni. Se escludiamo quella che ci sembra un doppione, ossia, la valutazione delle leggi dello Stato, sommiamo nove funzioni accorpate nel comma 5 del nuovo art. 55. In fatto, l’art. 55 novellato contiene almeno 14 commi che si confrontano con i due commi di quello vigente. Perché questo pasticcio? Perché vogliono farci credere che il legislatore sta comunque perseguendo la specializzazione delle funzioni. Non si tratta di semplificazione ma di complicazione.
Se questi sommariamente descritti sopra sono i compiti del nuovo Senato delle Autonomie non si capisce come essi possano essere svolti da senatori a tempo parziale. Se poi si considerano i precisi termini entro i quali ex art. 70 novellato i senatori, come collegio non come singoli, possono richiamare in pratica tutte le leggi ed esprimere pareri e sollecitazioni alla CD sempre entro termini precisi. Tenuto conto che consiglieri regionali e sindaci hanno già pressanti impegni da svolgere in relazione ai loro uffici ordinari non si capisce come detto lavoro possa essere svolto riunendosi un giorno al mese a Roma e senza rimborsi spese.
Certo oggi abbiamo a disposizione la tecnologia delle teleconferenze e delle votazioni elettroniche per cui si potrebbe fare a meno della loro presenza fisica. Peccato che il legislatore costituente non ci abbia pensato.