È in corso di svolgimento il rituale delle consultazioni ai fini della risoluzione della crisi di governo: 23 i gruppi e gruppuscoli da consultare in primis i Presidenti delle Camere e qualche residuo Presidente emerito. La presenza di 23 gruppi parlamentari la dice lunga sull’efficienza e l’efficacia dei meccanismi che sono stati adottati e che potranno essere adottati per incoraggiare l’accorpamento delle forze politiche. Evidentemente c’è qualcosa nel DNA dei politici italiani che li spinge sistematicamente a volere essere capi (o cacicchi) di piccoli gruppi invece che esponenti (magari di rilievo) di un grosso partito o gruppo.
Il Presidente Mattarella è sotto stress perché tutti gli chiedono di fare in fretta e scegliere qualcuno da mandare in Parlamento a cercarsi una maggioranza per fare un governo. E lui sta cercando di accontentarli. Pensavo che Renzi avesse una maggioranza blindata invece apprendo che, solo nel PD, secondo i soliti cronisti, ci sarebbero 5-6 correnti che chiedono cose diverse circa quello che dovrebbe fare un governo a termine. Sembra tramontata l’ipotesi di un rinvio alle Camere dello stesso Renzi uscito sconfitto dal risultato del referendum. Questo però non gli ha impedito di fare delle consultazioni fuori posto, a Palazzo Chigi, con alcuni esponenti del suo partito che sono in predicato come suoi successori per il governo di transizione. Non è questo che mi appassiona. Quello che non capisco è questa ansia di risolvere la crisi a tamburo battente al costo di sacrificare le Feste comandate e il riposo settimanale. E poi qualcuno sostiene che i politici non lavorano. Non che io auspichi le antiche riunioni della Democrazia Cristiana alla Camilluccia che si prolungavano per mesi e mesi prima di arrivare alle decisioni di aprire ai Socialisti, di superare le crisi degli anni ’60, ecc. Si prospetta l’urgenza di avere un governo nel pieno dei suoi poteri per partecipare alla riunione del Consiglio europeo pre-natalizio, alle celebrazioni romane per il 60mo anniversario dei Trattati di Roma, al Vertice del G7 a Taormina. Sono eventi non particolarmente rilevanti e comunque in contraddizione con un governo che deve nascere con il compito principale di favorire l’approvazione di una nuova legge elettorale e portare il Paese alle elezioni politiche.
E’ facile prevedere che il 2017 sarà un anno perso per la storia dell’integrazione politica dell’Unione europea proprio perché i governi dei tre paesi membri più grossi sono a fine mandato e si terranno elezioni politiche per rieleggere i Parlamenti nazionali. Ma i governi in carica non restano paralizzati perché ci sono le elezioni generali, se serve possono assumere tutte le decisioni necessarie ordinarie e straordinarie. Salvo casi scongiurabili di crisi drammatica niente di molto importante sarà deciso a livello europeo. Bene o male è questo il livello di governo più alto e più importante in Europa. Il Belgio e la Spagna sono rimasti con governi in ordinaria amministrazione rispettivamente per due anni e mezzo e 11 mesi. Non è successo niente di drammatico perché, in buona sostanza, sono governi regionali. Questo è uno dei vantaggi non secondari dell’appartenenza all’UE. Anche il governo italiano è di livello sub-centrale. L’altro giorno, turandosi il naso, il Senato ha approvato la legge di bilancio 2017 che evita l’esercizio provvisorio. Su di essa pende il giudizio ex post della Commissione europea. E allora? Tutto sommato la politica italiana ha il tempo per procedere con calma al fine di prendere le decisioni più sagge circa la riforma elettorale. Sappiamo che prima della decisione della Corte Costituzionale in calendario per il 24 gennaio p.v. non si può assumere alcuna scelta finale ma niente impedisce che le Commissioni parlamentari e/o gruppi di lavoro altamente qualificati e rappresentativi facciano un lavoro esplorativo al fine di raggiungere un accordo preliminare circa le caratteristiche principali del sistema elettorale da adottare: proporzionale e/o maggioritario, con o senza premio di maggioranza; sistema unico o opportunamente differenziato per le due Camere elettive; ecc. Cercare un accordo preliminare non sarebbe tempo perso perché faciliterebbe e accorcerebbe il lavoro necessario dopo il 24 gennaio in sede deliberante. Condotto in Parlamento questo lavoro avrebbe tutta la trasparenza necessaria e farebbe capire fino in fondo ai cittadini-elettori le diverse posizioni e, soprattutto, chi è contro o a favore di una soluzione largamente condivisa. PQM non condivido la tesi di quanti sostengono che debba essere il governo a fare le proposte e guidare la trattativa.
Trovo discutibile l’argomento secondo cui serve un governo con pieni poteri per il 25 marzo (ricorrenza del 60mo anniversario dei Trattati di Roma) e, ancor meno, per il G7 di Taormina. La prima è una ricorrenza che dovrebbe invitare ad una profonda riflessione sul futuro della UE. Ci sono tre documenti ufficiali di gruppi del Parlamento europeo oltre al Rapporto dei cinque presidenti ma da quanto si sa e si prevede ragionevolmente non è quella la sede in cui si assumeranno decisioni proprio perché Francia, Germania e ora anche l’Italia dovranno affrontare elezioni politiche generali. Per il cerimoniale bastano e avanzano il Presidente della Repubblica e i ministri del governo di transizione.
Il G7 di Taormina è la solita riunione di routine che valuterà il lavoro svolto dagli sherpa ed esprimerà auspici per un migliore coordinamento delle politiche economiche. E’ molto probabile che ci saranno Trump e alcuni leader europei in uscita. E quindi anche detta riunione sarà di transizione. Che l’Italia sia presente con un governo ordinario o provvisorio è irrilevante perché l’Italia non ha e neanche cerca una politica economica autonoma e/o più appropriata alle sue esigenze. E’ importante che ci sia chi in fatto tiene le redini della politica macro-economica europea. Ma alla fin fine, i G7, i G20 sono organismi informali che non hanno vero potere deliberativo vincolante per gli associati. Come ho detto, esprimono auspici e/o raccomandazioni che per lo più restano sulla carta.
Se così – lo ripeto – l’Italia ha tutto il tempo che vuole per prendere le decisioni più sagge e più condivise circa la riforma elettorale. Ma ho ancora alcune domande finali. Se un nuovo sistema elettorale serve per andare alle elezioni generali, siamo sicuri che tutti i partiti siano pronti per affrontarle subito? Non dovrebbero impegnarsi a rielaborare i loro programmi e a selezionare meglio i loro candidati? Alcuni di loro non dovrebbero tenere dei congressi per approvare programmi e candidati? Oppure dobbiamo accontentarci delle solite minestre rancide che ci servono le loro oligarchie centralistiche?
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