Enrico Rossi, Rivoluzione socialista, a cura di Peppino Caldarola, Castelvecchi, 2016.
Enrico Rossi è un socialista vero che crede in un futuro socialista (socialdemocratico) dell’Europa. Grazie alle domande non semplici di Peppino Caldarola si leggono risposte approfondite e sufficienti per studiare le contromisure necessarie ad arrestare le deriva autoritaria e tecnocratica in Italia, in Europa e nel mondo. In altre parole, è illusorio pensare che si possa salvare la democrazia in un solo paese se si tiene conto che viviamo in una era di interdipendenza come sosteneva già nell’autunno del 1945 Piero Calamandrei. Quello che emerge dal dialogo e da altri pezzi pubblicati sui blog e su Facebook non è un programma completo di governo ma, di certo, costituiscono mattoni importanti per costruire le sue mura portanti. Rossi rifugge dagli argomenti super semplificati e sviluppa risposte che tengono conto della complessità dei problemi della società contemporanea in una fase di accelerazione della globalizzazione. Mostra consapevolezza degli attacchi al compromesso socialdemocratico e alla sua creatura più nobile: il Welfare State. Gli attacchi allo Stato sociale partono dalla metà degli anni ’70 quando la cultura neo-liberista e monetarista della Scuola di Chicago metteva in discussione i fondamenti dell’intervento economico dello Stato sostenendo che i fallimenti di quest’ultimo erano ancora più gravi di quelli del mercato. La politica economica di Friedman e dei suoi seguaci ha trovato pronta applicazione da parte di Ronald Reagan, prima come governatore della California e poi come Presidente degli Stati Uniti, nonché da parte della Tatcher nel Regno Unito. La valutazione degli effetti economici e sociali delle politiche implementate negli anni ’80 da Reagan e dalla Tatcher è oggetto di controversia ma questa non ci interessa in questa sede. Nel 1989 arriva il Crollo del Muro di Berlino e nel 1991 l’implosione dell’URSS a consolidare l’idea della superiorità tecnica del modello capitalista nei confronti delle economie pianificate di stampo sovietico proprio perché quest’ultime non riuscivano a tener il passo con la concorrenza delle più forti economie occidentali e con il forte aumento delle spese militari (lo scudo spaziale) voluto da Reagan. Se poi si aggiunge la liberalizzazione degli scambi e la piena libertà dei movimenti di capitale che accentuano il processo di finanziarizzazione dell’economia favoriti anche dalla deregolamentazione e da improvvide riforme bancarie volute da Clinton negli anni ’90 con il motivo che, neanche dopo la vittoria sul socialismo reale, le economie dei paesi occidentali godevano di buona salute. Ora mentre Clinton con altre misure di politica economica incidenti sull’economia reale riusciva a produrre una notevole ripresa, l’economia europea restava affetta da quella che gli americani chiamavano eurosclerosi.
Nell’ottica globale, se per un verso la liberalizzazione degli scambi ha contribuito a ridurre significativamente le differenze tra paesi ricchi e PVS, la contropartita è stata l’aumento delle diseguaglianza all’interno di tutti i paesi (ricchi e poveri) per effetto della concorrenza di prezzo sui prodotti della manifattura tradizionale e non solo, del dumping sociale, dei processi di concentrazione della ricchezza sinteticamente a favore dell’1% secondo i giovani di Zuccotti Park. Questo il quadro generale degli sviluppi economici e sociali degli ultimi 40 anni, come detto, caratterizzati da piena libertà dei movimenti di capitali e concorrenza fiscale senza regole che mettono in discussione il modello sociale europeo. Le proposte di E. Rossi si inseriscono in tale disastroso contesto mondiale all’interno del quale la sinistra mondiale e, in particolare quella europea di matrice socialdemocratica e/o post-comunista, ha perso la bussola o, addirittura, ha sposato letteralmente i paradigmi neoliberisti con le privatizzazioni a sconto dei patrimoni pubblici e con le finte liberalizzazioni non senza menzionare la più grande e disastrosa svendita dell’immenso patrimonio della ex Unione sovietica.
Vediamo ora alcune risposte di E. Rossi alle 70-75 domande di Peppino Caldarola che non risparmiano critiche neanche al suo compagno di partito Matteo Renzi. Critica gli 80 euro ed altre agevolazioni e dice che della spesa pubblica l’8% è andato ai poveri e il 36% ai ricchi. Parla di tre società: la prima è quella dei garantiti; la seconda dei soggetti a rischio; e la terza quella degli esclusi. E. Rossi è un deciso europeista ma parla dei ritardi del meccanismo decisionale a livello centrale e delle politiche di austerità che tanti sacrifici e danni sta causando nei paesi periferici. Afferma con decisione: non è questa l’UE che vogliamo e chiede un forte rilancio della domanda interna attraverso un programma di investimenti pubblici che fungerebbbe da volano per quelli privati, una lotta organica contro la disoccupazione seguendo le orme di Sanders, Corbin, Keynes e La Pira. E’ consapevole che nelle politiche economiche e finanziarie della Unione non c’è stata alcuna svolta nel profondo e conferma la necessità di rottamare la politica dell’austerità. Vuole un vero governo del territorio; critica la politica non meridionalistica di quanti vagheggiano un Mezzogiorno senza industria; critica l’AD dell’Enel Starace che propone un modello autoritario contro quello partecipativo previsto non solo dalla Costituzione italiana del 1948 ma anche dal Trattato di Lisbona del 2009. Riprende Axel Honneth sui ritardi della sinistra anche nel comprendere la distinzione tra diritti e civili; elogia la legge sulle Unioni Civili; respinge l’idea che le relazioni sociali si debbano svolgere solo nel campo economico; vede la necessità di operare perché tutti i cittadini, compresi i carcerati, possano soddisfare i tre bisogni fondamentali della vita collettiva: a) l’intimità emotiva e fisica, b) l’indipendenza economica (libertà dal bisogno) ; c) autodeterminazione politica (pari opportunità nella sfera politica). In sintesi, secondo Rossi, “il socialismo diviene così un progetto di liberazione integrale dell’uomo. L’opposto di un regime oppressivo e di disciplinamento dei costumi”.
Rossi denuncia l’incapacità della sinistra mondiale di cogliere bene tutti gli aspetti della globalizzazione che andrebbe governata e non lasciata al gioco delle forze di mercato. Eppure non è difficile capire il problema: lo ripeto, in un mondo globalizzato con massima liberalizzazione degli scambi commerciali, con piena libertà dei movimenti di capitali, con paradisi fiscali dappertutto (anche all’interno di Unioni economiche e monetarie), serve un vero governo mondiale, non uno qualsiasi ma uno che abbia la volontà e gli strumenti fermare le stragi umanitarie di guerre civili, per combattere l’illegalità diffusa, i fenomeni deleteri della concorrenza fiscale, la finanza rapace, i traffici clandestini di ogni tipo compresi quelli di esseri umani. Tale governo purtroppo non è a portata di mano perché 2/3 all’incirca dei Paesi membri delle Nazioni Unite sono dittature pronte a bloccare ogni decisione in tale senso non solo nell’Assemblea generale ma anche nel Consiglio di sicurezza. A livello mondiale c’è un buco nero che inghiotte tutto, c’è un enorme deficit di democrazia che non riusciamo a colmare come non riusciamo a farlo neanche a livello europeo. Ma questo non ci autorizza a volgere lo sguardo da un’altra parte o inseguire illusori obiettivi della democrazia in un solo Paese. La rivoluzione socialista di cui parla E. Rossi non riguarda solo l’Italia; riguarda l’Europa come sostiene Axel Honneth; e se la globalizzazione interessa indubbiamente il pianeta essa deve interessare tutte le forze politiche progressiste del mondo. È solo utopia pensare una cosa del genere? No perché se il progetto è la liberazione integrale dell’uomo sappiamo che nelle condizioni di oggi il fenomeno è contagioso. E comunque la democrazia su costruisce dal basso.
Insomma Rossi ha le idee chiare anche per elaborare un incisivo programma di un governo di vera svolta anche in Italia. E su questo terreno, non nasconde di essere pronto a sfidare Renzi al Congresso del Partito democratico. L’assemblea del 18 dicembre 2016, non ha deliberato una data per il Congresso. La sfida è rinviata.
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