Lo scudo anti-spread non ha alcun serio fondamento teorico se uno accetta la logica della yardstick competition, ossia, della concorrenza rispetto ad un comune metro di misura. Nella competizione tra paesi gli indicatori da prendere in considerazione sono diversi ed hanno a che fare in primo luogo con l’economia reale. La Germania è divenuta benchmark un po’ per merito suo ma soprattutto per l’incapacità o i demeriti degli altri paesi membri della UE che non sanno gestire in maniera efficiente ed equa le loro politiche economiche. Dobbiamo distinguere tra la funzione di stabilità dei prezzi (missione della BCE) e la funzione di stabilizzazione dell’economia che è cosa ben diversa ed è responsabilità soprattutto dei governi dei paesi membri. Benché distinte e separate queste Autorità sono chiamate a cooperare tra di loro nell’interesse comune. La mancanza di un’autorità di politica economica e finanziaria al centro complica enormemente il lavoro della BCE. Questo è lo squilibrio istituzionale fondamentale che le proposte in discussione non affrontano alla radice.
Da un recente confronto della performance dell’Italia e della Germania 2007-2012 emerge che in Italia il PIL in volume è diminuito del 6,8 mentre in Germania è aumentato del 3,1%; la produttività è scesa del 5,3 e delll’1,3 rispettivamente nei due paesi; l’occupazione è calata dell’1,6% nel primo paese ed è aumentata del 4,5% nel secondo; i disoccupati italiani sono aumentati rispettivamente del 77,8% e quelli tedeschi sono diminuiti del 22,5%. Questi sono i fondamentali del nostro paese che confermano due trend di lungo periodo: la produttività e crescita stagnante rispettivamente negli ultimi venti anni la prima e nell’ultimo decennio la seconda. Potrei aggiungere le rendite di protezione derivanti dalle mancate liberalizzazioni, l’inefficienza della pubblica amministrazione e del sistema bancario, l’illegalità dilagante e la lentezza della giustizia, le diseconomie esterne, ecc.. Ma a fronte di detta performance economica, i conti pubblici sono via via peggiorati. Le manovre deflattive del 2011-12 hanno fatto avvitare l’economia italiana in una spirale perversa di breve-medio termine che mentre deprime ulteriormente la crescita economica non consente di risanare i conti pubblici.
Se questi sono i fondamentali dell’economia reale è chiaro e lampante che c’è per l’Italia un problema di sostenibilità del debito pubblico nel medio lungo termine. E gli spread riflettono il rischio paese. Gli spread denunciano il fallimento delle politiche economiche e finanziarie seguite fin qui.
In Spagna è scoppiata la bolla immobiliare e si è aggravata la situazione delle banche. I fondamentali dell’economia reale sono peggiori di quelli dell’economia italiana. Si parla di rischio contagio ma la nostra economia è malata di suo.
Possiamo deprecare le società di rating perché constatano una situazione del genere? il governo Monti ha reagito attuando la ricette prescritte dalla BCE nell’agosto 2011 al governo Berlusconi. Dette ricette di stampo monetarista e liberista non hanno funzionato in altri paesi e non sembra che stiano funzionando in Italia. Che fare allora in una situazione in cui al centro della UE non c’è un vero e proprio governo dell’economia? Al Vertice di fine giugno, si è deciso di far intervenire il fondo salva-Stati per salvare direttamente le banche spagnole ma si è anche deciso – a quanto pare – di utilizzare lo stesso fondo salva-Stati per calmierare gli spread. Questi penalizzano le imprese dei paesi euromed che devono pagare interessi più alti. Ma se la causa degli spread sono le politiche economiche inadeguate, sono queste che vanno cambiate. La febbre può essere abbassata dalla tachipirina ma poi bisogna curare le vere cause della malattia.
Al Vertice di fine giugno il nostro Presidente del Consiglio avrebbe proposto un piano anti-spread ma tuttora non c’è un pezzo di carta che lo dimostri. Non c’è alcuna menzione di detto piano nel comunicato finale del Vertice. Non c’è un documento della Commissione o della BCE. Si inseguono le voci che quest’ultima stia lavorando ad esso e si susseguono le posizioni di dissenso da parte di esponenti della Bundesbank e di economisti tedeschi. Si parla anche di aspetti tecnici come di fascia di oscillazione, di difesa di un tasso di riferimento da non comunicare ai mercati. Si è parlato di documento riservato in vista del Vertice di fine Giugno ma dopo due mesi , esso non si materializza. C’è un grave problema di trasparenza.
A fronte di pesanti critiche dirette al Presidente della BCE da parte della stampa tedesca, l’Eurotower smentisce lo Spiegel sull’introduzione di un limite ai rendimenti dei titoli pubblici. Ma la Bundesbank conferma la sua opposizione nel suo ultimo Bollettino mensile ed afferma che tocca ai governi la gestione della politica economica per la crescita e lo sviluppo e tenere i conti in ordine. E aggiunge che anche “le decisioni su una possibile più ampia mutualizzazione dei rischi di insolvenza dovrebbero spettare ai governi e ai Parlamenti e non dovrebbero (avvenire) passare attraverso i bilanci delle banche centrali”.
A me la posizione della Bundebank sembra sostanzialmente corretta. Non si possono attribuire alla BCE compiti che sono propri dei governi dei paesi membri. Anche Draghi a suo tempo avrebbe isolato i tre differenti tipi di rischio che determinano i rendimenti dei titoli sovrani. Due ordinari ed uno straordinario che sarebbe diretta conseguenza di una eventuale crisi della moneta unica. Il primo rischio di credito è da collegarsi all’eventuale insolvenza dell’emittente del titolo; il secondo è quello di liquidità del mercato ; il terzo sarebbe quello connesso alla crisi dell’euro, ossia, connesso all’eventualità che l’emittente rimborsi in una valuta diversa dall’euro. La BCE non può fare alcunché con riguardo al primo fattore che, abbiamo visto, dipende dai fondamentali dell’economia reale del paese in crisi. La BCE ha piena competenza circa il punto due. La liquidità del sistema dipende non solo dalle decisioni della BCE circa la creazione di base monetaria ma anche dalle condizioni delle banche. Che, a mio giudizio, determinano anche la terza componente. Non esiste un mercato unico dei titoli del debito pubblico per i paesi dell’Eurozona. C’è una segmentazione del sistema bancario europeo. C’è un mercato interbancario bloccato e questo accade per problemi relativi ai bilanci delle stesse banche. È chiaro che una crisi complessiva del sistema bancario europeo probabilmente provocherebbe anche la crisi dell’euro però sarebbe corretto riferirsi direttamente alla perdurante crisi delle banche e non all’euro. Se poi con l’ultima LTRO del dicembre 2011 e gennaio 2012 si sono utilizzate le banche per comperare titoli del debito pubblico che altrimenti non sarebbero stati sottoscritti, questo è un altro problema di trasparenza e accountability generale.
Pur accettando la tripartizione dei fattori che vanno a determinare l’ampiezza dello spread, dovrebbe essere chiaro a tutti che se c’è un problema di salvataggio delle banche anche questo è compito preminente dei governi dei paesi membri e non della BCE. C’è un progetto di Unione bancaria tutto da realizzare che prevede responsabilità dirette della BCE in materia di vigilanza ma la sua attuazione richiede molto tempo ed in Germania per prima si sollevano obiezioni nei confronti del piano. La Merkel ha detto che la vigilanza BCE va limitata alle 20-25 banche più grandi.
Per tornare al piano anti-spread, ricordo che la settimana scorsa anche il portavoce del ministro delle finanze Schauble , Martin Kotthaus, rispondendo allo Spiegel , ha affermato che il meccanismo anti-spread in termini teorici sarebbe molto problematico e, soprattutto, di non essere a conoscenza di piani del genere. Quindi non c’è un piano. Parliamo del nulla e ricordo che nel comunicato finale del Vertice del 28-29 giugno non c’è alcuna menzione esplicita di detto piano.
P.S.: Di fronte all’offensiva tedesca contro Draghi questi lunedì 27 fa sapere che la BCE si muoverà rispettando le previsioni dello Statuto. Martedì 28 il Presidente Monti rilascia un’intervista al Sole 24 Ore dove conferma esplicitamente di non volere che “l’Italia, dopo gli sforzi e i risultati ottenuti, sia sottoposta a una sorta di commissariamento intrusivo”. Il 29 agosto incontra la Merkel a Berlino. Nella Conferenza stampa la Cancelliera tedesca loda le misure adottate dal Governo italiano e dice che l’Italia ce la farà senza il piano anti-spread. Basta il fondo salva-Stati anche senza licenza bancaria. Non c’è un problema di spread. Vedremo fra qualche settimana come reagiranno i mercati.