“L’obiettivo prioritario del Governo – e della politica di bilancio delineata nel DEF – resta quello di innalzare stabilmente la crescita e l’occupazione, nel rispetto della sostenibilità delle finanze pubbliche; in tal senso le previsioni formulate sono ispirate ai principi di prudenza che hanno caratterizzato l’elevata affidabilità di stime e proiezioni degli ultimi anni, al fine di assicurare l’affidabilità della programmazione della finanza pubblica”. Certamente si tratta di massima prudenza. Se stiamo giocando sui decimali di punto, è chiaro che non ci si può sbagliare di molto. Dopo nove anni dall’ inizio della crisi forse un po’ di coraggio in più non guasterebbe. Ma continua l’ottimo spin doctor che scrive l’introduzione al DEF, dispensando manciate di ottimismo:
“L’evoluzione congiunturale dell’economia italiana è favorevole. Nella seconda metà del 2016 la crescita ha ripreso slancio, beneficiando del rapido aumento della produzione industriale e, dal lato della domanda, di investimenti ed esportazioni”. E tuttavia “restano sullo sfondo preoccupazioni connesse a rischi geopolitici e alle conseguenze di eventuali politiche commerciali protezionistiche promosse dalla nuova amministrazione statunitense. Tra i diversi fattori alla base dell’accresciuta incertezza hanno acquisito un ruolo crescente anche i risultati delle consultazioni referendarie o elettorali in Europa e negli USA”. In Italia, tutto a posto, il governo va al completamento della legislatura in modo da assicurare il vitalizio ai parlamentari nominati per la prima volta. Non importa se il governo nella prossima Primavera si troverà nudo e solo a fronte di probabili turbolenze. Se così perché prendersela con Fitch che ieri ha abbassato di un punto il rating dell’Italia? Lo dice lo stesso governo italiano che la situazione e le prospettive dell’economia italiana sono a rischio e lo dice senza considerare il problema del debito pubblico inchiodato – pardon stabilizzato – sopra i 132 punti di PIL.
Ma la cosa che impressiona di più è che dopo quasi cinque anni che i governi italiani (includo quelli di Monti, Letta e Renzi) vanno avanti lentamente su una strada che non li porta fuori del pantano, dopo che da oltre tre anni sia Renzi e ora anche Gentiloni si trastullano sulla flessibilità, il Presidente del Consiglio e il ministro dell’economia e delle finanze scrivano che “è intenzione del Governo continuare nel solco delle politiche economiche adottate sin dal 2014, volte a liberare le risorse del Paese dal peso eccessivo dell’imposizione fiscale e a rilanciare al tempo stesso gli investimenti e l’occupazione, nel rispetto delle esigenze di consolidamento di bilancio”. Tradotto significa che la mancata crescita dell’economia è dipesa solo dall’alta pressione tributaria. Non c’è un problema di domanda effettiva come riconoscono persino il FMI e l’OCSE, come se non ci fosse un problema di investimenti pubblici e privati. Tutto va bene la marchesa. Basta ridurre il perimetro dell’intervento pubblico nell’economia.
Stanco dell’ottimismo di maniera del governo che deve giustificare la sua esistenza, sulla questione degli investimenti riporto quello che scrive l’Ufficio parlamentare del Bilancio che dovrebbe fare le pulci al governo sulle questioni di economia e finanza:
“Per quanto concerne gli investimenti fissi lordi, nel 2016, si è verificata una crescita decisamente superiore alle attese, del 2,9%, in accelerazione rispetto al 2015, anno in cui, dopo sette anni consecutivi di valori negativi, si era finalmente registrata l’inversione di tendenza (+1,6%).
Il recupero ha riguardato soprattutto gli investimenti in mezzi di trasporto (+27,3%) e, in maniera più contenuta, quelli in macchinari e attrezzature (+3,9%), che hanno beneficiato dello stimolo fornito dagli incentivi governativi. Anche la componente delle costruzioni registra, nel 2016, per la prima volta dal 2007, un valore positivo (+1,1%). Il DEF sottolinea come tale comparto abbia manifestato una ripresa a partire dalla seconda metà dell’anno, nonostante il dato negativo registrato dall’ISTAT nell’ultimo trimestre dello stesso (-0,7% rispetto al trimestre precedente), grazie all’andamento positivo degli investimenti in abitazioni; tuttavia sono ancora fermi gli investimenti di natura infrastrutturale” (UPB2017: 21). Che cosa ci dicono questi dati? c’è un grosso problema di quantità e qualità degli investimenti. Gli italiani sono tornati a comprare automobili, case e mobili per arredarle. Una recente statistica precisa che in due anni il governo ha speso 3,1 miliardi per incentivi per l’acquisto di mobili. Si può ragionevolmente pensare che in questo modo si possa risolvere il problema della bassa produttività dell’economia italiana? Si c’è chi lo pensa ed è il Presidente Fella federLegnoArredo secondo cui il futuro dell’economia italiana sta nell’alleanza tra chi costruisce o ristruttura le case e chi le arreda, ossia, i mobilieri. Al diavolo le industrie hich tech.
Ma andiamo avanti: l’UPB, (2017: 30) non trascura “quanto emerge dall’ultima Nota mensile Istat, rilasciata lo scorso 5 aprile, secondo cui l’indice della produzione industriale ha registrato a gennaio una contrazione del 2,3% rispetto a dicembre, mantenendo tuttavia una variazione positiva dello 0,5% nel trimestre novembre-gennaio. Analoga flessione congiunturale a gennaio ha riguardato il fatturato e gli ordinativi dell’industria (rispettivamente in flessione del 3,5 e del 2,9%), che comunque hanno un andamento positivo (1,7 e 0,9%) in riferimento al medesimo trimestre. Con riguardo alla produzione industriale, peraltro, l’indice destagionalizzato, rilasciato dall’Istituto nel Comunicato del successivo 10 di aprile e che include anche il mese di febbraio, evidenzia un aumento dell’1,0%% rispetto a gennaio, con una media trimestrale – riferita al periodo dicembre-febbraio – in crescita dello 0,7% rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a febbraio 2017, l’indice risulta aumentato in termini tendenziali dell’1,9%”. Ora a me sembra evidente che questi dati confermano non un grosso ma un immane problema di domanda effettiva interna e non possiamo contare solo su quella estera. Questi dati confermano che c’è poco da essere ottimisti e gradualisti. Serve una scossa forte che rilanci la domanda interna di investimenti e consumi. Per potere farla serve una gestione intelligente e selettiva della golden rule su un vasto programma di investimenti pubblici che trainino anche quelli privati. Cosa che in teoria potrebbe essere attuata subito se ci fosse un accordo in tal senso dentro il Consiglio europeo. Il recente vertice di Madrid dei paesi euromed sembra volersi muovere in questa direzione ma il contesto politico generale a livello europeo è bloccato anche per via delle elezioni in Francia e in Germania. Eppure non c’è tempo da perdere e bisognerebbe muoversi prima che i tassi di interesse comincino ad aumentare.
P.S.: il titolo del post non è campato in aria. Il DEF contiene proiezioni al 2060 dei principali dati dell’economia e della finanza pubblica di dubbia affidabilità che prevedono una crescita del PIL sempre al di sotto dell’1,5.

http://www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2017/04/Audizione_DEF-2017.pdf

http://www.linkiesta.it/it/article/2017/04/20/il-futuro-delleconomia-italiana-la-grande-alleanza-tra-costruttori-e-m/33921/