Negli ultimi 30 anni si sono fatte tre riforme fiscali, si è cambiata l’amministrazione finanziaria eppure l’evasione fiscale e l’economia sommersa sono stimate ai livelli più elevati tra i Paesi più avanzati. Che cos’è che non funziona? Non funziona il sistema nel suo insieme. Questo comprende una serie di attori che vanno dal legislatore, al governo, ai contribuenti, ai cittadini comuni al loro sistema di valori, agli apparati amministrativi che devono applicare le leggi di imposta, ai giudici tributari che devono dirimere le controversie tra fisco e contribuenti. O tutti questi soggetti si comportano coerentemente e all’unisono oppure il sistema funziona male o non funziona per niente.
Nei codici possiamo avere le imposte più moderne ed il sistema può non funzionare perché non abbiamo gli apparati amministrativi in grado di applicarle. Possiamo avere questi ultimi ma il sistema può continuare a non funzionare se non si fanno controlli efficienti ed efficaci, se le commissioni tributarie annullano quasi tutti i controlli sintetici ed induttivi, se il legislatore ricorre troppo frequentemente ai condoni che distruggono la credibilità e reputazione del legislatore stesso e dell’amministrazione finanziaria.
Per fare ottimi controlli servono apparati molto qualificati, efficienti e di grande reputazione. Siccome questi mancano e siccome Tremonti ed anche altri ministri delle finanze sono stati sempre ostili ai grandi apparati amministrativi si passa dai controlli selettivi a quelli di massa e infine ai concordati collettivi o di massa con redditi stimati ex ante attraverso gli studi di settore. Si dà il caso che a oltre 12 anni dalla norma che ha introdotto gli studi di settore questi non sono mai pronti. Occorreva e occorrerà sempre la manutenzione ed i concordati di massa degli ultimi anni sono falliti. Con la LF 2006 si riparte con la pianificazione fiscale 2006-08.
A parte la contraddizione di fondo nel volere coniugare un sistema di redditi catastizzati con l’istituto del concordato, è facile prevedere che anche la pianificazione fiscale fallirà se solo si pensa alla velleità di volere stimare ex ante i redditi individuali di circa quattro milioni di operatori economici per i prossimi tre anni quando non si riesce a prevedere correttamente a livello macro neanche la crescita del reddito del prossimo anno ed il nostro governo ha sbagliato tutte le previsioni degli ultimi cinque anni.
Gli studi di settore non possono funzionare in economie avanzate prevalentemente terziarizzate. Andavano bene nei secoli passati per accertare i redditi dell’agricoltura o in Paesi in via di sviluppo. Nei Paesi avanzati possono essere utili come ausili all’accertamento. Fin qui gli studi di settore sono serviti a far passare circa 2 milioni di contribuenti dalla contabilità semplificata a quella ordinaria. La strategia è quindi profondamente sbagliata e non ci porterà da nessuna parte anche perché uffici finanziari e giudici tributari continuano a lavorare a compartimenti stagni. Controlli e sanzioni, grazie agli incroci informatici, ormai si applicano in modo perverso sulle masse dei contribuenti, per lo più, con reddito di lavoro dipendente a cui si recupera questa o quella indebita detrazione, redditi di fabbricati e/o compensi minimi di lavoro autonomo non dichiarati, ecc.
L’estrema flessibilizzazione del procedimento di accertamento (con ravvedimenti operosi, accertamenti con adesione e concordati) e dello stesso processo tributario (con la conciliazione giudiziale) introdotta da Tremonti nel 1994, in assenza di controlli efficaci, è fin qui servita a introdurre un regime di condono permanente, alias, una premialità negativa per cui gli evasori sono incentivati ad evadere invece che debitamente sanzionati.
L’orgia dei condoni fiscali di questi ultimi, che ha fatto impallidire quella (fallita) di fine anni 80, e poi recuperata nel 1991, facendo strame della deterrenza delle sanzioni, come detto, ha tolto ogni residua credibilità e reputazione allo stesso legislatore e all’amministrazione finanziaria, pure rinnovata ai vertici, per cui delle due l’una: o il prossimo governo, ovviamente diverso da questo, cambia del tutto la strategia oppure la giustizia tributaria, come del resto, quella penale e civile, resteranno lontanissime all’orizzonte.