In Italia la riscossione delle imposte non funziona almeno da 21 secoli. Chi non ci crede può leggere le Verrine, le arringhe che Cicerone pronunciò contro Verre. Nel 75 AC Cicerone era in Sicilia ed era a conoscenza dei gravi episodi di corruzione attorno alla riscossione delle imposte sfociati anni dopo in processi a Roma a carico di Verre e degli esattori. Cicerone difese i contribuenti e proprietari siciliani, vessati dagli esattori e, non di rado, costretti a vendere la terra o ad abbandonare le coltivazioni. Alcuni sostennero che anche Cicerone alla fine si lasciò corrompere dagli esattori tradendo i contribuenti siciliani.

Secondo me, sull’outsourcing non si può essere a favore o contro per ragioni ideologiche. E? soprattutto una questione pratica e va affrontata e decisa, caso per caso, sulla base di serie analisi costi e benefici dell?una o dell?altra soluzione. La riscossione dei tributi erariali in outsourcing era un’anomalia tutta italiana rispetto al resto dell’Europa avanzata.

Due anni fa sotto la pressione degli stessi concessionari che riscuotevano poco o niente per via della raffica di condoni voluti dal Governo, Tremonti provò a far passare la riforma della riscossione con un disegno di legge. C’era in corso l’indagine parlamentare che evidenziava l’inefficienza del sistema e il tentativo non riuscì. Tremonti ha avuto successo nel 2005 con un “colpo di mano”, rectius, con un decreto legge su cui il governo ha posto il voto di fiducia.

Sono favorevole alla sua nazionalizzazione ma non sempre e comunque. Ma quella appena fatta è una vergogna perché prevede, in via principale, la socializzazione delle perdite ed una sorta di premio per l?avviamento delle grandi concessionarie. Secondo la procedura prevista dal decreto, l’Agenzia delle Entrate ha già scelto in modo competitivo l’advisor (una primaria istituzione finanziaria), e questa ha già individuato “i criteri generali di determinazione dei prezzi di acquisto e di riacquisto entro il 2010 delle azioni della riscossione SpA” con un compenso previsto di soli 10.000 (dicesi diecimila) euro.

Apprendiamo ora che la primaria istituzione finanziaria altro non è che uno studio professionale privato. Si risolve così il problema del conflitto di interessi di una primaria istituzione finanziaria (in Italia, per lo più, di emanazione bancaria) e sappiamo che lo studio adotterà il metodo del patrimonio netto per definire il valore delle partecipazioni.

E? bene riflettere però sul marchingegno giuridico che si sta creando. I privati non possono essere direttamente associati all’Agenzia delle entrate. Sarebbe una cosa incestuosa e fin qui non sperimentata.
Cosa si fa? Si crea una SpA pubblica a partecipazione privata. A che cosa partecipano i privati? Ai profitti della riscossione SpA. Ma ci possono essere profitti in una società pubblica che riscuote le imposte? No. Non ci dovrebbero essere perché se ci fossero, significherebbe che, con il consenso dello Stato, qualcuno specula sulle riscossione delle imposte in modo che i contribuenti debbano pagare non solo le imposte ma anche gli aggi degli esattori.

Il lettore sa che dal 2000-2001 il ministero delle finanze in senso tradizionale con le sue direzioni generali e/o dipartimenti non esiste più. Al suo posto ci sono l’Agenzia delle entrate , quella del demanio, ecc.. l’Agenzia ha natura di ente strumentale dotato di piena autonomia gestionale. Formalmente il rapporto con il MEF è definito da una Convenzione. Può essere interpretata come una forma di outsourcing dissimulata. Come che sia, ci si può chiedere perché Tremonti non abbia scelto due strade alternative più chiare: attribuire direttamente all’Agenzia delle entrate che svolge l’accertamento delle imposte anche la riscossione delle medesime oppure creare un’altra Agenzia specializzata nella riscossione. Perché queste soluzioni ovvie sono state scartate? Perché questo implicava liquidare subito le Concessionarie ed il personale da loro dipendente e farla finita con un sistema che sopravvive da alcuni millenni. Si sarebbe dovuto prevedere un equo indennizzo. Ma cosa valgono delle società o dei rami di impresa che non svolgevano più la loro attività ordinaria o comunque non ne traevano profitto?

Si è previsto invece che prima suddette società private partecipino la SpA pubblica e che, nel 2010, questa riacquisti le azioni delle partecipanti. Se il nuovo governo della prossima legislatura non farà condoni e se l’Agenzia e la Guardia di finanza rilanceranno, come sembra da alcuni dati relativi al 2005, l’attività di verifica e accertamento le società potranno sostenere che il valore delle partecipazioni nel frattempo si è incrementato.
Speriamo che i prezzi di riacquisto al 2010 non vadano a costituire mutatis mutandis compensi altrettanto generosi di quelli pagati alle industrie elettriche nazionalizzate negli anni 60.
Nel programma dell’Unione è detto che il governo farà una dura lotta all’evasione fiscale ma se gli strumenti restano quelli previsti da Tremonti che ha instaurato un sistema di premialità negativa, pubblica o privata che sia la riscossione, le prospettive della giustizia tributaria restano molto incerte.