A fronte dell’ennesimo episodio di bullismo – e dire bullismo è sottovalutare il fatto visto che la polizia parla di tentato omicidio e rissa gravata –  nel cortile del liceo Aristotele di Roma dove un giovane di origine albanese è stato  accoltellato ad opera di un ventenne e di altri teenager, la ministra Gelmini lancia l’idea delle telecamere a scuola. Una trovata demagogica e da biasimare. Anche la ministra le pensa tutte per saltare il problema della formazione del  personale docente e tecnico-ausiliare. Ma perché non manda una ispezione per capire dove erano i docenti e verificare se il loro collegio e il preside hanno assunto i provvedimenti sanzionatori previsti? O la ministra fa anche lei dei sociologismi quando afferma che la famiglia è cambiata e così la società?

Ma lei pensi appropriatamente alla scuola e alla responsabilizzazione di tutti: dei docenti, degli studenti, delle famiglie presenti negli organi collegiali e dei non docenti. La scuola dovrebbe essere parte integrante della comunità circostante e non un mondo a se stante.

A fronte della gravità dei problemi, non pare sufficiente la reintroduzione del voto in condotta di cui l’avv. Gelmini si auto elogia.

Cade veramente di tono quando rispondendo al giornalista Cramer (del Giornale) che le chiede perché il voto in condotta era stato messo in soffitta, risponde: “per una logica egualitaria e sbagliata di una scuola ‘eguale per tutti’ qualunque cosa facessero i singoli. E così è venuta meno l’autorevolezza dell’insegnante. Un grave errore a cui questo governo ha riparato” (corsivo mio).

Proprio così dalla telecamera alla polemica di bassa lega senza rendersi conto della gravità delle affermazioni. La ministra non vuole una scuola uguale per tutti ma una differenziata e magari segregazionista: una per i ricchi e un’altra per i poveri; una per i buoni e un’altra per i cattivi. Ma che c’entra la scuola uguale per tutti con la perdita di autorevolezza degli insegnanti?

L’hanno detto tanti analisti e studiosi. In Italia non funziona più l’ascensore sociale. Chi nasce povero ha scarse probabilità di lasciare il ceto di provenienza. La scuola, l’istruzione, la formazione continua sono gli strumenti per rimettere in moto l’ascensore.  Qual è la risposta della ministra e del governo Berlusconi?  Licenziare 90 mila insegnanti e 40 mila non docenti per poter tagliare la spesa per la scuola pubblica, quella “uguale per tutti”. E ancora prima dell’avvocato Maria Stella, qual’era stata la risposta della ministra Moratti? Costringere gli inconsapevoli studenti tredicenni a fare una fondamentale scelta di vita:  tra un percorso generale e quello tecnico-professionale tanto il loro destino è segnato sulla base della loro origine sociale.

La colpa di tutto questo per l’avv. Gelmini è della sinistra che “ha fatto troppi danni che stiamo pagando tutti”. Che dal 2001 al 2006 la scuola sia stata governata da un precedente governo Berlusconi non ha alcuna rilevanza. Allora la Moratti non era riuscita a riparare i danni. Forse le era mancato il tempo. Anche qui la ministra sbaglia. I danni di una scuola inefficiente ed inefficace li stanno pagando soprattutto i ceti meno abbienti e quelli poveri e la società tutta in termini di minore dinamismo e mobilità sociale. Le proposte della povera ministra non mirano certo a risarcire tali danni. Il suo problema è eseguire le direttive di Berlusconi e Tremonti: trovare il modo di tagliare la spesa per la scuola pubblica, quella eguale per tutti.