La minaccia italiana di non pagare i contributi al bilancio comunitario.

Mentre in Europa imperversa ancora il neoliberismo, il populismo, il sovranismo e il suo sbocco naturale, il nazionalismo, l’individualismo metodologico, alias, l’individuo razionale che massimizza il suo interesse personale anche a spese del suo prossimo, in Italia, proprio i populisti, sovranisti e nazionalisti, aspiranti dittatori, tutti nemici della democrazia liberal-democratica, denunciano l’assenza di solidarietà all’interno dell’Unione Europea sulla questione dell’immigrazione.
Si tratta di un paradosso spiegabile con l’ignoranza o, peggio, con la malafede di politici ignoranti, disinformati e che, consapevolmente, ingannano i propri elettori. Se uno guarda alla storia dell’Europa si accorge che già nella parte finale del Sacro romano impero e l’avvento degli Stati nazionali (Pace di Westfalia, 1648) è stata tutta una sequenza di guerre (cento anni, trenta anni, Guerre napoleoniche, ecc.) culminate poi in due micidiali guerre mondiali del XX secolo scatenate dalle ambizioni imperiali e coloniali della Germania. Gli stati nazionali hanno sempre difeso e difendono in primo luogo l’interesse nazionale.
Quindi è un fatto che storicamente nelle grandi aggregazioni intergovernative la solidarietà non ha mai funzionato. Non ha funzionato neanche nella Federazione americana come prova la guerra di secessione (1861-65) e il fatto che ancora oggi la questione dell’integrazione delle minoranze etniche non è stata felicemente risolta.
Nella Unione Europea la solidarietà ha funzionato in fatto all’interno dei singoli paesi membri con la costruzione del welfare state (1945-75), mentre la costruzione europea era ancora nelle sue fasi iniziali e bisognerà attendere i primi anni ’70 del secolo scorso per arrivare alla istituzione del Fondo per la politica regionale mirato a ridurre i divari territoriali e, quindi, promuovere la convergenza tra regioni centrali e quelle periferiche. Sappiamo che a tale scopo sono state assegnate risorse insufficienti, che si è ottenuta poca convergenza economica e minore coesione sociale tra i paesi membri di quanto servirebbe.
Salute, istruzione, assistenza, ammortizzatori sociali ecc. sono finanziati dalle imposte pagate dai lavoratori, dalle imprese e solo, in via residuale, dalle imposte generali fondate sul principio di capacità contributiva.
La solidarietà è quindi imposta dalle leggi dello Stato. Ma si tratta di solidarietà o di finanziamento dei diritti sociali?
In fatto, ai 30 anni gloriosi sono succeduti i 40 vergognosi del neoliberismo d’accatto, del mercatismo, della concorrenza fiscale senza regole, della piena libertà dei movimenti di capitali, dei tentativi delle forze conservatrici e reazionarie di abbattere o, quanto meno, ridimensionare il Welfare State accreditando l’ideologia secondo cui gli istituti del welfare sono strumenti inefficienti e inefficaci di puro assistenzialismo.
Senza rendersi conto che smantellando lo stato sociale, si fa saltare il c.d. compromesso socialdemocratico tra capitalismo e democrazia: riconoscimento dei diritti individuali e sociali in cambio del riconoscimento pieno della proprietà e dell’iniziativa privata.
Più recentemente la teoria dei giochi ha reinterpretato tutta la teoria della politica economica, ossia, l’analisi delle politiche correnti che i governi portano avanti nelle democrazie più avanzate, cercando di accertare i loro presupposti fondamentali e valutare se i loro effetti reali corrispondono agli obiettivi annunciati.
E’ teoria assodata che i sistemi tributari moderni che contano milioni anzi decine o centinaia di milioni di contribuenti funzionano se c’è l’adesione spontanea e che senza un forte spirito cooperativo non si producono beni pubblici. E’ ovvio che l’adesione è tento più alta quanto più le spese pubbliche vanno a beneficio della stragrande maggioranza dei cittadini a partire a partire da quelli che soffrono bisogni più urgenti. Questo richiede che nel Paese e nell’Unione europea germogli e poi fiorisca una teoria della giustizia sociale largamente condivisa. Se in un paese come l’Italia c’è una evasione fiscale nell’ordine del 7-8% del PIL, questo significa che non c’è adesione spontanea al sistema tributario con conseguenze negative anche sull’equilibrio strutturale di bilancio. Quindi la solidarietà non funziona all’interno del singolo paese membro e l’Italia non è un caso isolato nell’Unione a 27.
Ora tornando ai problemi europei. L’UE è grande quanto un continente. Non c’è un alto spirito cooperativo. Anche l’esperienza empirica relativa ai Paesi grandi e medi dimostra che la solidarietà non funziona o funziona in maniera insoddisfacente in ambiti allargati specie se di dimensioni continentali. Non funziona bene neanche nelle mesoeconomie. Al limite anche nelle comunità locali poco coese si verificano significativi fenomeni di free-riding quando ci sono notevoli differenze nella distribuzione dei redditi e dei patrimoni e quando non c’è un’etica pubblica condivisa.
Quindi in casi come questi bisognerebbe adottare misure legislative che la impongano ma nel mondo – secondo una classificazione di Yascha Mounk, Popolo vs Democrazia. Dalla cittadinanza alla dittatura elettorale, Feltrinelli, 2018 – ci sono poche democrazie liberali che rispettano la separazione dei poteri e promuovono i diritti individuali e sociali (modello Canada); ci sono le democrazie illiberali senza diritti (modello Polonia); c’è il liberalismo antidemocratico (modello Unione europea); e ci sono un numero crescente di dittature (modello Russia di Putin). L’Unione europea ha un sistema di finanziamento di tipo embrionale più adatto ad una Confederazione piuttosto che a una federazione nascente. Di certo non è un sistema predatorio come ce ne sono tanti anche in non poche democrazie formali senza pieno rispetto dei diritti individuali e sociali e del principio di capacità contributiva.
Ci sono rapporti che propongono la costruzione di un sistema di risorse proprie a livello europea (da ultimo quello presieduto dal Prof. Monti) ma le proposte non sono mai arrivate alla fase decisiva dell’adozione perché non c’è stato e non c’è tuttora il necessario consenso unanime per le imposte dirette sulle persone fisiche e giuridiche.

I nostri due Vice-presidenti del Consiglio, i due giovani tori che da pochi mesi trascinano il carro del governo italiano, non ottenendo soddisfazione immediata sulle richieste di solidarietà relative ai problemi di gestione dei flussi migratori, prima chiudono i porti alle ONG cariche di naufraghi, poi sequestrano i migranti sulla nave della Guardia Costiera italiana Diciotti, dentro un porto italiano, coprendosi di ridicolo a livello mondiale, poi, inopinatamente, minacciano di non pagare i contributi al finanziamento della proposta di bilancio pluriennale 2021-27. La minaccia, peraltro fondata su numeri sbagliati, è stata annunciata in termini così generici e cangianti che alcuni hanno capito che l’Italia non dovrebbe pagare i contributi degli ultimi due anni del bilancio settennale in corso e regolarmente approvato dal governo del tempo. Se la richiesta italiana riguarda effettivamente il bilancio successivo messo a punto nel maggio scorso dalla Commissione, sentiti i pareri dei paesi membri, allora la proposta dovrebbe essere avanzata per questioni di metodo e di merito. Di metodo perché è di dubbia costituzionalità approvare un bilancio prima delle elezioni del Parlamento europeo e della nomina della nuova Commissione; di merito, perché anche per l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione, le risorse per promuovere la convergenza economica, la coesione sociale e la solidarietà nella gestione dei flussi migratori saranno inferiori. E c’è una seconda questione di metodo da tenere presente ed è quella che preliminarmente andrebbe richiesta con fermezza e/o rinnovata la richiesta della riforma del Regolamento di Dublino. In modo maldestro, ciò è stato fatto nel Consiglio europeo del 28 giugno scorso sconvolgendone l’ordine del giorno, ma, come gli addetti ai lavori sanno, il tutto si è concluso, con qualche riconoscimento formale del problema e con un nulla di fatto sul piano operativo perché, di nuovo, non c’è il consenso unanime per avviare la procedura e, peggio ancora, con alcuni accordi bilaterali stipulati su base volontaria secondo cui migranti trovati nei paesi centrali in posizione irregolare dovrebbero ritornare a tempo indeterminato nei paesi periferici di primo approdo.
Concludendo, se sei un rappresentante di un paese debole che, peraltro verso, negli anni scorsi, ha avanzato ripetutamente la richiesta di condivisione del rischio connesso al proprio debito pubblico più alto dopo quello greco, consenso e solidarietà non li ottieni con le minacce e i ricatti ma dimostrando che le tue proposte sono nell’interesse comune, evitano conseguenze negative per tutti, creano un valore aggiunto europeo, promuovono reciprocità e/o mutualità. Minacce e ricatti sono segnali che eventualmente si potrebbero permettere i governi forti che fin qui per fortuna si sono astenuti dal farli. Invece quello italiano di oggi non solo è un governo debole ma deve ancora dimostrare di saper parlare con una sola voce. A meno che i due ineffabili Vice-presidenti non pensino sul serio a come farci cacciare fuori dall’Unione.
Enzorus2020@gmail.com

1 commento
  1. Nino Luciani
    Nino Luciani dice:

    Questa di Enzo Russo mi pare una ottima sintesi storica economica e sociale. Ma la mia conclusione e’ la seguente: considerato che il governo attuale e’ di alternativa alla seconda Repubblica e anche nuovo sotto il profilo generazione, il suo bacino finanziario viene dallo smantellare l’impianto di spese della seconda Repubblica (e che daterei dal compromesso storico dc-pci (1977) che avvio’ la frantumazione dello Stato centrale, mediante l’ordinamento regionale, e successivamente con le varie partecipazioni pubbliche
    …a imprese privato-pubbliche, anche nominate “enti inutili). E’, come anche si dice, un problema di riforma delle autonomie, che dovrebbe puntare a un solo ente intermedio amministrativo tra
    lo Stato e i Comuni. Dallo smantellamento del vecchio deriverebbero fonti finanziarie immense per il nuovo governo, nel rispetto totale dei parametri UE.

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